Con l’esercito iracheno che combatte l’Isis a Mosul, agli islamisti non resta che fuggire verso la Siria, verso le province occupate di Raqqa e Deir Ezzor. È lì che da mesi confluiscono i miliziani, a partire dalla leadership.

Al momento l’unica operazione su Raqqa, “capitale” di Daesh, è quella delle Forze Democratiche Siriane che hanno ad oggi liberato 37 villaggi e 1.600 metri2 di terre. Raqqa è fondamentale alla propaganda islamista: Agenzia Nova riportava ieri della costruzione di barricate intorno alla città come estrema difesa da una sicura controffensiva.

Eppure resta lontano dai discorsi ufficiali. Di Isis non si parla nemmeno a Ginevra dove ieri si è aperto il nuovo negoziato sotto egida Onu.

In Svizzera si dovrebbe discutere di soluzione politica con le opposizioni che ieri chiedevano incontri faccia a faccia con il governo (non meeting separati) e l’ambasciatore russo all’Onu Borodavkin che definiva «assurda» la richiesta degli anti-Assad di destituire il presidente.

Scarse le aspettative: lo stesso inviato Onu de Mistura dice di «non attendersi alcuna svolta». Le differenze permangono, anche all’interno delle stesse opposizioni.

E sul campo a parlare sono comunque le armi: ieri l’Esercito Libero Siriano (Els) e le truppe turche hanno annunciato la presa di al-Bab, strategica comunità nella provincia di Aleppo al confine con la Turchia.

Una mossa che non piace a Damasco che preme da sud: il timore di uno scontro ha mobilitato la Russia che sta da tempo negoziando il futuro di al-Bab con Ankara.

Chi ha già preso decisioni in merito al conflitto siriano pare essere la Cia: se resta fumosa la strategia di Trump per il Medio Oriente, a muoversi è l’intelligence che tre giorni fa ha congelato gli aiuti militari ai “ribelli”. T

roppo alta la probabilità che gli armamenti finiscano in mano a gruppi islamisti radicali: è questa la motivazione ufficiale, giustificata dai durissimi attacchi lanciati dall’ex Fronte al-Nusra contro gli ex alleati, Ahrar al-Sham e Els in testa. O forse la nuova Casa bianca vuole allinearsi con Putin e veder risolta definitivamente la questione con la scomparsa militare delle opposizioni.

C’è però chi insiste. La Francia, stando a Le Figaro che ha pubblicato estratti di una nota del Ministero degli Esteri, intenderebbe sostenere i gruppi anti-Assad nelle zone dove sono ancora radicati, Idlib e il sud (dove a farla da padrone sono però i qaedisti), e allo stesso tempo promuovere la frammentazione del paese.