Proprio mentre i venti di guerra soffiano più forte sulla Siria, dal Vaticano papa Francesco chiede che «tacciano le armi», dando così l’altolà a Usa, Gran Bretagna e ai loro sodali che stanno preparando l’intervento armato contro Damasco. Anche se non è detto che le parole di Bergoglio siano efficaci: i precedenti – vedi gli interventi di papa Wojtyla contro le «guerre preventive» in Afghanistan e Iraq – testimoniano il contrario. Un appello pronunciato da Bergoglio durante l’[Angelus di domenica scorsa in piazza San Pietro e rilanciato con enfasi dall’Osservatore romano in edicola oggi, che titola a tutta pagina: «Dallo scontro nessuna prospettiva per la Siria». «L’aumento della violenza in una guerra tra fratelli, con il moltiplicarsi di stragi e atti atroci, che tutti abbiamo potuto vedere anche nelle terribili immagini di questi giorni, mi spinge ancora una volta a levare alta la voce perché si fermi il rumore delle armi. Non è lo scontro che offre prospettive di speranza per risolvere i problemi, ma è la capacità di incontro e di dialogo», ha detto Bergoglio, ricordando «tutte le vittime» del conflitto. «Faccio appello alla Comunità internazionale perché si mostri più sensibile verso questa tragica situazione e metta tutto il suo impegno per aiutare» la Siria «a trovare una soluzione ad una guerra che semina distruzione e morte». Un richiamo ribadito anche dal nunzio apostolico a Damasco – l’ambasciatore della Santa sede –, monsignor Mario Zenari, che ai microfoni di Radio Vaticana chiede agli Stati esteri di «trovare i mezzi più adatti e più opportuni, che non complichino la sitauazione», utilizzando «molta saggezza» e «molta prudenza». Quello di domenica scorsa non è il primo intervento di papa Francesco che già a Pasqua, nella tradizionale benedizione urbi et orbi, aveva invocato la pace «per l’amata Siria, per la sua popolazione ferita dal conflitto e per i numerosi profughi». Poi ai primi di giugno, incontrando i dirigenti degli organismi caritativi che operano a Damasco, aveva gridato: «Che tacciano le armi!». E in una lettera al primo ministro inglese David Cameron – uno dei fautori dell’intervento militare contro Assad – in occasione dell’incontro del G8 di giugno in Irlanda del Nord, aveva auspicato un impegno per «un cessate il fuoco immediato e duraturo» e, soprattutto, per «portare tutte le parti in conflitto al tavolo dei negoziati» per «costruire insieme una pace più equa e giusta». Non ci sono solo le parole del papa. Oggi al monastero siriano di Deir Mar Musa cristiani e musulmani insieme pregano e digiunano per la pace e per la liberazione del gesuita Paolo Dall’Oglio, rapito in circostanze poco chiare – tentava di mediare per la liberazione di due vescovi ortodossi e due preti sequestrati oppure di lavorare per la ricomposizione delle varie anime del fronte anti Assad di cui egli stesso è parte? – fra la fine di luglio e i primi di agosto a Raqqa. «Sappiamo con certezza solo che padre Dall’Oglio è in grave pericolo», riferiscono all’agenzia Fides (organo delle Pontificie opere missionarie) i militanti del Free youth committee, legati all’opposizione siriana.