Se ne è andato «fuori scena», magari borbottando come tante volte lo si è visto in palcoscenico, Paolo Graziosi. Aveva 83 anni, un fisico sempre asciutto e nervoso: il Covid si è aggiunto ad un’altra patologia, chiudendo il sipario dietro di lui. Un attore bravo e intelligente, dovunque si esibisse. Non ha mai fatto interpretazioni «casuali»: al cinema era stato nei primi esplosivi film di Bellocchio, come nell’ultimo di Nanni Moretti, Tre piani. E in mezzo Sorrentino e Martone tra gli altri. In teatro lo ricordiamo in tante occasioni tutte importanti.

ERA UNA PRESENZA tanto solida quanto «stabile»: a fianco a Carlo Cecchi per diversi anni e molti ruoli nella fortunata stagione al Niccolini di Firenze. Ma aveva partecipato, nella fase conclusiva, anche al Laboratorio di Luca Ronconi a Prato. E all’ultima apparizione pubblica del regista, nella platea del Metastasio, era stato l’unico a puntualizzare e definire meglio quell’esperienza. Era davvero una creatura teatrale, capace con la sua voce e il suo sguardo di dare un senso o un indirizzo a una messinscena. Nella Villeggiatura goldoniana di Servillo, era il padre/regista di vacanze e matrimoni, apparenza bonaria e lucido come un veggente. È deceduto a Vicenza, ma i funerali saranno sabato prossimo a Roma, alle 12 nella Chiesa degli artisti a Piazza del popolo.