Che cosa succede frullando insieme il gusto retrò del primo, mitico «Topolino» tascabile del 1949 firmato Arnoldo Mondadori Editore e le sottili ma pervasive inquietudini del confinamento causa Covid-19? La risposta a fumetti all’indirizzo pangolinomagazine@gmail.com. Per «10 soldi» ci si può portare a casa la più aggiornata parodia Disney di sempre. Dietro questa operazione di sabotaggio c’è Marco Tonus, satiro classe 1982 già rodato su testate come «Cuore», «Il Male», «Scaricabile» e ormai di casa sul Web. Una transizione non sempre liscia come l’olio, come spiega lo stesso Tonus: «Grazie al web, si può fare più satira, anche se quantità non è sempre qualità. Gli svantaggi sono gli stessi di sempre, ovvero nessuno vuole pagarti qui in Italia. Le grandi riviste di satira potevano essere dei trampolini, qualcuna lo è stata, solo che non ci avevano detto che nella piscina avevano tolto l’acqua». E dato che in Rete c’è spazio per tutti, sul fondo resta anche un po’ di limo. «Una satira di destra è possibile mantenendo determinati valori di base e ovviamente partendo da posizione politiche differenti. Il problema è che se si dimentica di colpire verso l’alto la satira scade nello sfottò. I vignettisti di destra non fanno altro che confermare luoghi comuni, paure e stereotipi: sono consolatori per chi li legge, quindi inutili».
Non così «Pangolino», che riprende la lezione dei mitici «Pirati dell’aria» che all’inizio degli Anni ’70 sfidarono la Disney per colpire al cuore con una salutare dose di sberleffi. «Pangolino è la rivista che avrei voluto leggere durante il lockdown», spiega Tonus, «non esisteva e così l’ho inventata. Avrei voluto leggerci storie e articoli di autori che stimo e li ho contattati. Il formato Disney è un pretesto che ha rafforzato questo gioco creativo: nel periodo in cui i contagi si moltiplicavano in tutto il globo, Topolinia e Paperopoli sembravano le uniche immuni. Da qui, l’idea: dato che il pangolino era stato accusato di essere il responsabile dello spill-over del virus, aveva il nome perfetto per prendere il posto del più noto Topo… ».

E DUNQUE: brevi strips a fumetti interpretate da una banda sgangherata su cui spicca lo squamoso personaggio della testata, più rubriche, servizi e pubblicità che sembrano presi di peso dal settimanale Panini, ma portano altrove. Per le storie, bastino titoli come «Pangolino e il virus mandarino», «Ivo e l’evocazione dell’I.V.A.» o «Pangolino, QI, QO, QA in: fuga da Rebibbia»: tra poliziotti dalla pistola facile, paperi andreottiani e ministri «Bonafeccia» è subito trip tra prima e Seconda repubblica.
Come in altre operazioni analoghe, il bello sta nel gioco citazionista. Si ride con i comics, ma anche con pubblicità come quella de «I Maskers Of The Univirus», su tutti «He-Mask, l’infermiere più forte della sanità pubblica». O con iniziative come il «Trofeo Pangolino», «grande evento internazionale» dove vince «chi arriva a fine mese».

IL CAST artistico è ricchissimo: autori visti di recente su «Alias Comics» come Gianluca Maconi e Walter Leoni, più l’erede di Jacovitti Luca Salvagno, più Alessio Spataro, Maurizio Boscarol, Bruno Olivieri e tanti altri. «Ho chiamato disegnatori e scrittori con cui ho lavorato in passato, o semplicemente tra i miei preferiti: vederli aderire tutti mi ha fatto molto piacere. Hanno subito colto lo spirito del progetto e si sono divertiti, come si vede dalle loro storie. Spiace solo vederli in un’autoproduzione «d’emergenza» e non ogni mese in edicola. Ne guadagnerebbero tutti in risate». Spazio anche ad autori più freschi, come nella migliore tradizione delle autoproduzioni. «Alessio Rizzo e Elisa “Upata” Turrin sono già noti nel web e anche su carta, collaborano con me a “Mataran”, un semestrale che esce solo in Friuli di satira, fumetti e umorismo». A una lettura superficiale, il «family feeling» topolinesco risalta anche nell’approccio grafico e narrativo. Una uniformità stilistica che però è solo apparente.

«ALCUNI AUTORI mi avevano chiesto i modelli dei personaggi, le caratterizzazioni, i profili psicologici… ovviamente ho detto loro: fate quello che volete, è una parodia, non dobbiamo fondare un universo ma dobbiamo rivoltarlo. Mi sono limitato a restare “in regia” per evitare doppioni nei temi o nei personaggi, ma è andato tutto liscio. Unico paletto, i guanti celesti che hanno spopolato per tutto il lockdown». Gonfio com’è di omaggi alla cultura degli Anni ’70 e ’80 e in controtendenza rispetto a tanto humour attuale, «Pangolino» sembra diretto è un target di «senior». «Quando si crea qualcosa, di solito si parte da ciò che si conosce. In ogni caso, «Pangolino» lo hanno preso anche molti ragazzi cresciuti con gli albi dei loro familiari, che ben conoscono la materia. Un fumetto che ripropone trent’anni di contenuti di “Topolino” riveduti, corretti e in continuità con epoche differenti, perché è il formato tascabile a dar loro coerenza». Gran parte del piacere della lettura sta proprio nel format, che ricalca fedelmente quella del vecchio «Topolino». «Alla sua nascita, il “Topo” tascabile era spillato, la brossura e l’iconica costina gialla sono arrivate solo dopo. Riprodurla con sole 64 pagine ha richiesto di ingegnarsi tecnicamente, aumentando notevolmente il peso della carta. Questo ha sortito due effetti: trovarsi in mano un oggetto di qualità che onora anche il lavoro degli autori e lo rende perfetto per riporlo in mezzo a una collezione ufficiale, mimetizzandosi perfettamente. Come il Covid». E se l’esperimento funziona? «Bissare non sempre riesce bene, si corre il rischio di diventare leziosi e ripetitivi. Forse, alla prossima pandemia ci penseremo. Ma sarà di certo qualcosa di completamente diverso: la regola è stupire, sempre».