Il rapporto di Vincenzo Zitello con la poesia è di lunga data. Già frequentata ai tempi dei primi incontri con Alan Stivell, di cui l’arpista e compositore è stato accostato come alter – ego italiano in quel fenomeno complesso e tutto ancora da codificare che fu il folk – revival degli anni ’70: miscela esplosiva di più generi che lambivano il jazz, musiche etniche, suggestioni prog e molto altro. D’altronde il suo stesso strumento è accostato per il lirismo del suo suono alla poesia.

PER QUESTO l’uscita di Le voci della rosa, progetto multidisciplinare nato nel roseto della Reggia di Monza e originato in concomitanza con il libro di Elisabetta Motta, medesimo titolo e pure stessi titoli dei capitoli e delle canzoni dell’album, stringe ancor più il rapporto tra musica e scrittura. Nel caso specifico vengono antologizzati poeti, appartenenti già al canone maggiore contemporaneo come Mariangela Gualtieri, Fabio Pusterla, Alberto Nessi, Tiziano Fratus, In più consente al polistrumentista di aprire ancor più le composizioni ad influenze che travalicano il senso del tempo e fissano uno stile ampiamente riconoscibile e divenuto col tempo un vero e proprio marchio di fabbrica.