Secondo l’Istat il calo dell’occupazione è «senza precedenti» (-456 mila, -2,0%) nel 2020 ed è stato accompagnato da una forte crescita dei lavoratori inattivi tra 15-64 anni (+403 mila, +3,1% in un anno) che non hanno cercato lavoro perché il lavoro, semplicemente, non c’è. Per la stessa ragione si è registrata una forte diminuzione della disoccupazione (-271 mila, -10,5%). Non lavorando, né cercando il lavoro, anche questo indice diminuisce. Quando il lavoro ricomincerà ad essere venduto, e sfruttato, anche questo indice tornerà ad aumentare.

Per il momento chi è rimasto senza attività svolge un lavoro precario, in particolare nella parasubordinazione, la principale vittima della crisi. La bomba sociale è già esplosa tra i dipendenti a termine non rinnovati (-391 mila, -12,8%) e, in minor misura, gli indipendenti, cioè le partite Iva (-154 mila, -2,9%). La diminuzione ha investito il lavoro a tempo pieno (-251 mila, -1,3%) e, soprattutto, il part time (-205 mila, -4,6%); la quota di part time involontario è salita al 64,6% (+0,4 punti) dell’occupazione a tempo parziale.

I più colpiti sono le donne e i giovani, Sui 456 mila gli occupati persi, nel 249 mila sono lavoratrici. E se si guarda alla fascia di età, i giovani tra i 15 e i 34 anni sono i più colpiti: 264 mila in meno. Al Sud il tasso di disoccupazione ha registrato il calo più pesante: 1,7 punti in meno, contro -0,3 punti nel Nord e -0,6 punti nel Centro. E si conferma il dato strutturale del mercato del lavoro in Italia: l’occupazione a tempo pieno cresce tra gli ultracinquantenni (+113 mila), mentre la generazione di mezzo tra i 35-49enni è massacrata: meno 306 mila.

Nel lavoro dipendente si resta in attesa che tra la fine di giugno e ottobre quando saranno sbloccati i licenziamenti nel lavoro dipendente. Il blocco varrà dunque per altri tre mesi per tutti: da marzo a giugno. Per le piccole imprese che attualmente non hanno la tutela della cassa integrazione ordinaria sarà legato alla riforma degli ammortizzatori sociali. In questo settore i dati dell’Istat attestano che l’aumento del ricorso alla Cig è stato cospicuo: +139,4 ore ogni mille lavorate, ed è stato più marcato nel comparto dei servizi rispetto a quello dell’industria.

«Deve essere rivista la politica degli incentivi che, nonostante si sia concentrata maggiormente su queste fragilità, non ha risolto i problemi della mancata crescita occupazionale. La stesura definitiva del Piano di ripresa dovrà assolutamente tenere conto di queste emergenze e trovare soluzioni» sostiene la segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti. «Per contrastare queste drammaticità occorrono impegni precisi e interventi mirati del governo. Deve essere rivista la politica degli incentivi che, nonostante si sia concentrata maggiormente su queste fragilità, non ha risolto i problemi della mancata crescita occupazionale». «Vanno messe in campo le indennità per i lavoratori stagionali, intermittenti, autonomi, gli incentivi per i contratti di solidarietà, il potenziamento della Naspi, il superamento dei vincoli per le assunzioni a termine» sostiene il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra. Con il nuovo decreto Sostegno «ci aspettiamo – ha detto la segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese – Congedi parentali retribuiti al 100%, altrimenti si andrebbero a colpire maggiormente le donne che hanno già pagato troppo in questa pandemia sia in termini occupazionali che retributivi». Anche il Codacons sostiene la necessità di prorogare «per tutto il 2021 il blocco dei licenziamenti, perché in caso contrario si andrà incontro ad una catastrofe occupazionale ancora peggiore di quella registrata nel 2020».