Le quarantene decise dai governi europei per contenere la diffusione del Covid hanno innescato la più marcata contrazione mai registrata dell’occupazione nell’Eurozona e un crollo delle ore lavorate pari al 10,8 per cento per persona occupata. Le casse integrazioni per il lavoro dipendente, la riduzione dell’orario di lavoro e il blocco dei licenziamenti che in Italia durerà fino al 21 marzo 2021 hanno fermato, per ora, l’aumento del tasso di disoccupazione. Dal minimo storico del 7,2 per cento toccato a marzo 2020 ha raggiunto l’8,1 per cento ad agosto, nonostante sia ancora lontano dal picco del 12,7 per cento registrato a febbraio 2013. In queste condizioni la ripresa dipenderà «dall’evoluzione della pandemia e dalle politiche di contenimento»

SONO I DATI confermati dal bollettino economico pubblicato ieri dalla Banca Centrale Europea (Bce). Da Francoforte è arrivata la conferma: a causa della seconda ondata della pandemia in corso il quarto trimestre del 2020 registrerà con ogni probabilità un significativo ridimensionamento della crescita. La previsione è stata confermata anche dalla Commissione Europea la settimana scorsa. In Italia i macro-numeri confermano un andamento dell’economia particolarmente negativo: -9,9%. La crescita nel 2021 non andrà oltre il +4,1%, ancora meno nel 2022: +2,8 per cento. Tra queste cifre bisogna fare la media tra il molto che è stato perso e il poco che sarà guadagnato in termini di prodotto interno lordo. Per tornare al livello pre-Covid, che già risentiva dei dieci anni perduti dalla crisi del 2007-8, ci vorranno anni e anni di crescita positiva. Una prospettiva remota, al momento. Anche per questo la Commissione Ue sta pensando a rinnovare la sospensione del «Patto di stabilità».

LA BCE ha lanciato l’allarme su una prossima spirale di fallimenti per le imprese. Questo è un «rischio particolarmente alto» ha ammesso. In un simposio online che ha sostituito l’incontro che si svolge ogni anno a Sintra, vicino a Lisbona, mercoledì scorso la presidente della Bce Christine Lagarde ha detto che questa ondata di fallimenti potrebbe avere un effetto «moltiplicatore». Oltre a cancellare una parte significativa di un segmento produttivo del terziario, i licenziamenti avranno un impatto sui consumi. In un paper la Banca centrale ritiene che tale processo riguarderà, in Italia, almeno il 10% dei lavoratori occupati in aziende sull’orlo della chiusura provocata anche dalle misure di lockdown, Questa prospettiva riguarda, in particolare, i lavoratori impiegati nei servizi dal turismo alla ristorazione. Vanno intese in questo senso le previsioni fatte ieri dal secondo barometro Censis-Commercialisti secondo il quale sono a rischio 460 mila piccole imprese con meno di 10 addetti sotto 500 mila euro di fatturato. La crisi potrebbe cancellare il doppio delle microimprese rispetto alla crisi economica di dodici anni fa.

NEL BOLLETTINO economico della Bce si trova un’altra osservazione interessante. L’alluvione monetaria decisa da Francoforte – il programma «Pepp» e il «Qe» tradizionale da 1350 miliardi di euro saranno ampliati e allungati da dicembre – ha reso più favorevole le condizioni di accesso al credito da parte delle banche. Ma queste ultime stanno inasprendo le condizioni per concedere il credito alle imprese e alle famiglie. La causa è la disoccupazione, la precarietà e la percezione dell’incertezza. Questo problema era emerso già nella stagione di Draghi alla Bce e si sta replicando oggi. I soldi vanno alle banche che però non li prestano e ci guadagnano. Mentre la crisi sociale cresce, il lavoro non si trova, i consumatori non comprano e risparmiano in vista di tempi peggiori. Ieri l’Ocse ha detto che il reddito reale delle famiglie italiane è continuato a calare del 7,2% nel secondo trimestre. Un record europeo. I bonus temporanei distribuiti anche dal governo italiano hanno protetto alcuni redditi, ma non hanno impedito il calo generalizzato.

UNA SOLUZIONE ALTERNATIVA ci sarebbe, ma è scartata dai banchieri centrali. Oltre al sostegno al debito pubblico, che permetterà al governo Conte di finanziare un nuovo scostamento di bilancio, il «denaro dall’elicottero» distribuito dalla Bce potrebbe andare direttamente sui conti correnti dei singoli e delle famiglie. Dato che la moneta contemporanea si crea dal nulla, questa è una tesi diffusa, la si stampi anche per rimediare al problema delle politiche monetarie. Se le banche non prestano i soldi, che i soldi vadano direttamente alle persone con un reddito di base incondizionato. Questo eviterebbe l’avvitamento della crisi in una ripresa accidentata con «stop and go» continui prima e dopo la distribuzione dei vaccini anti-Covid. La ripresa, se e quando arriverà, aggraverà ingiustizie e diseguaglianze.