Palestinesi alla Cpi: «Processate Israele per crimini di guerra»
Territori palestinesi occupati Il ministro degli esteri dell'Anp ha presentato la richiesta ieri alla Corte penale internazionale. Israele: «Cinico e privo di validità legale». La procura dell Cpi valuta l'ammissibilità del passo palestinese
Territori palestinesi occupati Il ministro degli esteri dell'Anp ha presentato la richiesta ieri alla Corte penale internazionale. Israele: «Cinico e privo di validità legale». La procura dell Cpi valuta l'ammissibilità del passo palestinese
«Cinico e privo di validità legale». In Israele è scattato l’allarme dopo il passo ufficiale fatto dall’Anp presso la Corte penale internazionale dell’Aja (Cpi) per «aprire immediatamente un’indagine» su Israele per crimini di guerra contro i civili palestinesi nella Striscia di Gaza e sugli insediamenti coloniali costruiti in violazione del diritto internazionale in Cisgiordania. «La Cpi non ha autorità sulle questioni israelo-palestinesi poiché Israele non è un membro della Corte e poiché l’Autorità palestinese non è uno Stato», ha protestato il ministero degli esteri israeliano. Non è ciò che si pensa in casa palestinese.
«Ci sono prove convincenti del fatto che siano stati commessi gravi crimini» ha detto il ministro degli esteri dell’Anp Riad al Malki che ha presentato la richiesta di indagine alla procuratrice della Cpi, Fatou Bensouda, nel corso di un incontro alla sede della corte all’Aja. Questo è un «importante e storico passo verso la giustizia per il popolo palestinese che continua a subire crimini diffusi e sistematici», ha aggiunto al Malki in riferimento alla strage di una settimana fa di oltre 60 palestinesi durante le proteste sulle linee tra Israele e Gaza contro il trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme. I palestinesi tornano ad insistere sulla questione degli insediamenti coloniali, uno degli aspetti centrali dell’occupazione di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est e che più di altri espone Israele a critiche e condanne internazionali. Senza dimenticare che l’espansione a dismisura delle colonie negli ultimi anni è stata determinante per il fallimento di un accordo per i “Due Stati”, Israele e Palestina. Gli insediamenti, scrivono i palestinesi, sono «la minaccia più pericolosa per le vite e le nostre risorse…Israele mantiene, estende e protegge il regime degli insediamenti, commettendo crimini di guerra, crimini contro l’umanità e il crimine dell’apartheid contro il popolo palestinese».
Israele si aspetta che la Cpi chiuda in un cassetto la richiesta palestinese e afferma di operare «sulla base di meccanismi di revisione giudiziaria indipendenti e globali che si addicono a uno Stato democratico e conformemente al diritto internazionale». L’ufficio della procura internazionale invece, con un comunicato postato ieri pomeriggio sul sito della Cpi, conferma che valuterà la questione. Quindi si tenta di capire quali potranno essere gli sbocchi concreti del passo fatto dall’Anp. «I palestinesi si erano già mossi in questa direzione e la procuratrice Fatou Bensouda prosegue la valutazione sulla base di tre criteri: la giurisdizione, l’ammissibilità e l’interesse di giustizia. La novità sta nel fatto che, dovesse convincersi che ci sono gli elementi per iniziare un’indagine completa, Bensouda non sarebbe tenuta a chiedere l’autorizzazione alla Camera per l’autorizzazione a procedere. Tuttavia il via a un’indagine a tutti gli effetti non significa che si arriverebbe sicuramente a un processo», spiega al manifesto un esperto europeo di diritto internazionale a Gerusalemme che ha chiesto di rimanere anonimo. «Allo stesso tempo – aggiunge l’esperto – è priva di consistenza l’obiezione israeliana secondo la quale la richiesta palestinese non sarebbe ammissibile perché la Palestina non è uno Stato. La Palestina ha ottenuto in questi anni riconoscimenti ufficiali presso le più alte istituzioni internazionali e fa parte dalla Cpi dal 2015, quindi ha i titoli per presentare la richiesta di indagine contro Israele».
Si vedrà se e come il passo palestinese avrà dei risultati. Nel frattempo il governo Netanyahu, mentre afferma di agire nel rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, conferma la revoca del visto al direttore di Human Rights Watch, Omar Shakir, perché sarebbe un sostenitore del Bds, il movimento per il boicottaggio di Israele. Accusa che Shakir respinge denunciando un tentativo di mettere a tacere le critiche di Hrw allo Stato ebraico. Resta in carcere intanto Mohammed Tamimi, cugino di Ahed Tamimi, la 17enne palestinese detenuta dallo scorso dicembre per aver schiaffeggiato due soldati israeliani. Mohammed, 15 anni, ferito gravemente alla testa da un colpo sparato da un militare è in attesa di un intervento chirurgico per la ricomposizione delle ossa del cranio.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento