Aule deserte ieri a Palermo e in provincia di Messina per la protesta dei genitori, e dei docenti contro i quiz Invalsi nelle scuole primarie. Il boicottaggio è stato il frutto di un’organizzazione spontanea tra i genitori che ha usato anche i social network e ha fatto eco allo sciopero promosso dai Cobas, e all’astensione dalle attività accessorie chiamata dall’Usb scuola. Il successo della mobilitazione segue quello ottenuto dallo sciopero generale di martedì e annuncia le proteste massicce del 12 maggio, il giorno in cui i quiz per la rilevazione dell’apprendimento stabiliti dalla pedagogia neoliberista saranno somministrati nelle scuole superiori. Quel giorno, studenti e sindacati di base torneranno a protestare, dando seguito ad una protesta contro la profilazione e schedatura degli studenti sin dalla più tenera età che cresce di anno in anno e coinvolge sempre più le famiglie.

Lo spostamento delle date di somministrazione, dal 5 al 6 maggio per evitare la sovrapposizione con lo sciopero generale della scuola, ha amplificato gli effetti della protesta, sostengono i Cobas. Il sindacato guidato da Piero Bernocchi ha anche preparato un «vademecum» ad uso degli insegnanti, del personale Ata e dei genitori, dove si spiegano le ragioni dell’opposizione alla scuola dei quiz e i modi per partecipare alla protesta. Il tam tam in rete ha funzionato. Nella direzione didattica Partanna Mondello, a Palermo, nei plessi di Santocanale, Riso, Pascoli e Gregorio le aule sono rimaste semi-vuote.

Poche ore dopo c’è stata una manifestazione di centinaia di studenti nel centro di Palermo. Giunto il corteo in via Roma, hanno bruciato le schede delle prove. Per loro i quiz con le crocette sono il simbolo della scuola-azienda, prefigurata dalle riforme dell’ultimo ventennio e incarnata dall’ultima targata Renzi-Giannini-Pd. Ciò che viene rifiutato è il criterio di «merito» considerato sinonimo di «competizione».
Sui test Invalsi e, più in generale su quelli voluti dall’Ocse e chiamati «Pisa» («Programme for International Student Assessment») il dibattito è ampio e si svolge soprattutto a livello internazionale. Le prove nazionali Invalsi sono paragonabili nel metodo a quella «Pisa» perché usano il modello di Rasch e rispondono a procedure standardizzate. Nel maggio 2014 83 accademici e ricercatori di tutto il mondo hanno inviato al direttore Pisa Ocse Andreas Schleicher una lettera che contesta la validità pedagogica e conoscitiva di questi test. Usati per il loro impatto mediatico dai governi di tutto il mondo, i test promuovono soluzioni rimediate e immediate, pensate solo per aiutare un paese ad aumentare rapidamente il livello di punteggio e penalizzano la pratica educativache richiede decenni per affermarsi.

L’obiettivo dell’Ocse è avviare gli studenti al lavoro, penalizzando la loro autonomia e sviluppo personale che dovrebbero essere gli obiettivi dell’istruzione pubblica sin dalla rivoluzione francese.