Se l’antimafia diventa sociale, se cioè allarga le sue rivendicazioni ai diritti e alla critica del modello di sviluppo del quale la criminalità organizzata è parte integrante, diventa una minaccia da reprimere. Questa l’immagine che emerge ieri da Palermo, dove il corteo della sinistra, dei sindacati e dei movimenti studenteschi è stato caricato dagli uomini in divisa. La manifestazione aveva provato a raggiungere l’albero di via Notarbartolo piantato in memoria di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta uccisi nella strage di Capaci di trentuno anni fa.

IL CORTEO era aperto dalla gigantografia di una Sacra famiglia. Accanto alla Madonna con il bambino, le immagini di Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri, Renato Schifani e Roberto Lagalla, il sindaco di Palermo che i manifestanti accusano di non essersi dissociato da personaggi condannati per mafia e tornati a occuparsi di politica come Totò Cuffaro e come lo stesso Dell’Utri. Si erano mossi dall’università, differenziandosi da quello ufficiale che le autorità consideravano «autorizzato» ad arrivare fino al luogo simbolo della strage. Laddove alle 17.58, l’ora in cui fu azionato il telecomando che attivò il detonatore posizionato sotto il viadotto dello svincolo di Capaci, si osserva tradizionalmente un minuto di silenzio. «Fuori la mafia dallo stato» gridavano i manifestanti, in una piazza in cui centinaia di persone rappresentavano la convergenza di lotte diverse: per la difesa dell’ambiente, per il diritto alla casa, per il reddito e contro la precarietà. «Ci hanno bloccato, hanno fermato il corteo nonviolento della società civile. Corteo con studenti, partigiani, Cgil, rappresentanti delle istituzioni. Dicono che temono che disturbiamo la manifestazione ‘ufficiale’. È un momento di una tristezza micidiale» la denuncia in diretta della deputata all’Assemblea regionale siciliana Valentina Chinnici al momento della tensione con gli uomini in divisa.

È SUCCESSO in via Notarbartolo dove, alla luce di una disposizione del questore Leopoldo Laricchia che aveva limitato il percorso del corteo, gli agenti si sono abbassati i caschi e hanno messo gli scudi davanti alla testa del corteo. Si era prima dell’incrocio con via Piersanti Mattarella quando due mezzi blindati di polizia e carabinieri hanno fatto muro. Da qui la tensione. Soltanto poco prima del canonico minuto di silenzio preceduto da uno squillo di tromba, la polizia ha sciolto il cordone e lasciato passare i manifestanti.

«CERCANO DI bloccare, a Palermo, nel giorno della commemorazione dell’assassinio di Falcone, Morvillo e degli uomini della scorta – è la denuncia di Pietro Milazzo, sindacalista e figura storica della sinistra sociale palermitana – Vogliono fermare la manifestazione dell’antimafia critica verso le commemorazioni puramente retoriche e vuote, ma il corteo non cede e riesce a portare la protesta nel cuore della manifestazione ufficiale». Parole dure anche dal segretario generale della Cgil Sicilia Alfio Mannino. «Falcone e i martiri delle stragi di mafia non sono di proprietà di nessuno – dichiara Mannino – Sono un patrimonio collettivo. Sono patrimonio dei siciliani che vogliono il riscatto di questa terra. Chiudere l’accesso nelle zone adiacenti all’albero Falcone a migliaia di cittadini è stata un’offesa al ricordo di Falcone e a tutte le vittime di mafia. Il tutto per soffocare il grido ‘Fuori la mafia dallo stato’».

LA GIORNATA si era aperta con la deposizione, da parte del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, di una corona d’alloro davanti alla stele di Capaci. Poi a palazzo Jung, il capo del Viminale aveva presenziato alla posa della prima pietra del Museo della legalità, nel quartiere della Kalsa, dove Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono cresciuti. Alfredo Morvillo, fratello di Francesca e cognato di Falcone aveva disertato polemicamente le cerimonie istituzionali. «In questa città aver fatto accordi con la mafia viene ritenuto da tutti un fatto disdicevole?», aveva detto in riferimento al sostegno alla giunta del sindaco Lagalla da parte di Dell’Utri e Cuffaro. Si era ancora al mattino, ancora non si sapeva che quest’anno le tensioni si sarebbero materializzate anche in piazza.