C’è stato il ricordo dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino testimoniato soprattutto da ragazzi e bambini coinvolti nel giorno della memoria e giunti a Palermo in 1.500 con la nave della legalità da Civitavecchia, ma soprattutto c’è stata la contestazione al ministro Matteo Salvini.

SE DENTRO L’AULA bunker dell’Ucciardone la cerimonia istituzionale per l’anniversario della strage di Capaci è stata scandita dal palinsesto blindato della diretta Rai, fuori il clima è stato diverso. Fin dal mattino, a poche decine di metri dal carcere, gli studenti dell’industriale Vittorio Emanuele III, la scuola da cui è stata sospesa per due settimane la professoressa Rosa Maria Dell’Aria, hanno esposto gli striscioni di dissenso nei confronti del capo del Viminale, per poi dare vita a un presidio pacifico sotto lo sguardo degli uomini della Digos.

In diverse parti della città, dalla periferia al centro, sono comparsi sui balconi lenzuoli di contestazione al ministro e inneggianti al giudice Falcone. A “istituzionalizzare” il dissenso è stato Leoluca Orlando. Il sindaco si è aggiunto alla lista dei “disertori”, dove alla vigilia si erano iscritti Claudio Fava, presidente dell’Antimafia siciliana, e il governatore Nello Musumeci. Orlando, con la fascia tricolore, ha accolto il premier Giuseppe Conte e il presidente della Camera Roberto Fico all’ingresso del bunker, ma poi è andato via: «Non partecipo alla cerimonia, vado dai ragazzi in piazza Magione dove Falcone e Borsellino hanno trascorso la loro infanzia». Un gesto per rimarcare la distanza siderale che lo divide da Salvini, a partire dal tema dei migranti. Anche l’ex sindaco di Messina Renato Accorinti, guardato a vista dalla polizia, è riuscito a catalizzare l’attenzione mostrando un cartello con scritto «Siamo tutti migranti» proprio mentre Salvini lasciava il bunker.

Tanti altri dissidenti invece hanno partecipato a una manifestazione alla Casina «No mafia» di Capaci da dove i mafiosi hanno innescato l’ordigno che esplose il 23 maggio del 1992. «Non è una contromanifestazione – ha detto Antonio Vassallo – Venire qui anche oggi è la testimonianza di quanto abbiamo continuato a fare in tutti questi anni. Non dimenticare. Qui ogni settimana è un continuo via vai di turisti, scolaresche che vengono a dire no alla mafia».

TRA I VOLTI STORICI dell’antimafia che hanno aderito alla manifestazione e boicottato la cerimonia ufficiale c’era Giovanni Impastato, fratello di Peppino, militante di Dp ucciso dalla mafia. E c’era Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, passato poco prima dal giardino della memoria. Anche Anpi e Arci Palermo hanno aderito al sit-in. «Siamo stanchi di questa parata istituzionale quando sappiamo che tutte le stragi che ci sono state hanno visto pezzi dello Stato coinvolti», ha detto Giovanni Ferro, tra i promotori dell’appello. Ma Salvini ha colto l’occasione per rilanciare, definendo «poveretti» gli assenti e accusando: «Chi si divide sulla lotta alla mafia sbaglia, chi usa una giornata di memoria per fare la sua piccola battaglia politica fa un torto a Falcone» .

Toni differenti quelli degli alleati di governo. «Comprendo alcune delle motivazioni addotte per giustificare la propria assenza – ha detto Nicola Morra, presidente dell’Antimafia – ma ricordo a tutti il dovere dell’unità per fronteggiare una bestia che si chiama mafia». Ha richiamato alla «compattezza» anche il ministro della Giustizia Bonafede. «Uniti tutti dalla stessa parte ma con lungimiranza», l’auspicio di Fico, che ha lanciato l’idea di «un piano Marshall contro le mafie» attraverso «un’azione congiunta di tutti i ministeri».

LA GIORNATA SI È CHIUSA sotto l’albero Falcone con il minuto di silenzio scattato alle 17.58, ora in cui 27 anni fa ci fu la strage di Capaci. A scandire il momento di raccoglimento, le note del Silenzio seguito da un lungo applauso e dall’inno di Mameli ma anche Bella Ciao intonata da un gruppo di partigiani dell’Anpi. Dopo la cerimonia migliaia di studenti hanno sfilato per le strade di Palermo con striscioni che riportavano le frasi dei giudici Falcone e Borsellino.