L’onda lunga del caso Palamara, le difficoltà degli uffici giudiziari per la pandemia, le riforme della giustizia che hanno finito per azzoppare il governo sono i temi al centro delle cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario che si sono tenute ieri in 26 corti di appello (dopo quella solenne in Cassazione venerdì). Ma nelle relazioni dei procuratori generali e dei presidenti delle corti c’è stato il tradizionale spazio per il bilancio dell’attività giudiziaria, con alcune novità preoccupanti sul fronte dei reati in crescita.

Lo scandalo aperto
In libreria con le sue selezionate confessioni al direttore del Giornale Sallusti, domani sera in televisione da Giletti, l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara è molto più che un fantasma per la magistratura italiana. La sua relativamente veloce radiazione dall’ordine non ha certamente chiuso il caso. Ad affrontare il tema di petto è stato il pg di Napoli Luigi Riello, in passato leader della stessa corrente, Unicost, guidata da Palamara all’apice della sua capacità di influenza. «Mi sembra che in magistratura ci si stia illudendo che cacciato Palamara dalla magistratura sia tutto a posto. Ma non credo che sia l’unica strega da bruciare e che tolto lui la magistratura sia immacolata», ha detto Riello. Di «degenerazione correntizia non più sopportabile» è tornato a parlare da Roma il vicepresidente del Csm Ermini, lui stesso indicato nel libro di Palamara come il beneficiario di un accordo tra le correnti togate e il Pd renziano. Al libro Ermini ha fatto un accenno indiretto, parlando di «scorie ancora in circolazione» e subito è arrivata la risposta di Palamara: «Parla di scorie, forse pensa che io sia diventato radioattivo solo dopo la sua nomina». I consiglieri del Csm della corrente di sinistra Area impegnati nelle diverse cerimonie hanno ovunque sostenuto che «correntismo deteriore e carrierismo» sono stati alimentati «da evidenti distorsioni che hanno interessato tutti i gruppi associativi». Mentre il consigliere indipendente del Csm, di area davighiana, Nino Di Matteo (anche lui citato nel libro da Palamara che si vanta di aver «agevolato la sua elezione a presidente dell’Anm di Palermo») dalla cerimonia di Caltanissetta ha parlato della «malattia» del Csm «per la prevalenza di logiche clientelistiche, correntizie e di cordata».

Il ruolo del ministro
Secondo la presidente della corte di appello di Venezia Ines Marini «la politica non ha colto l’opportunità nella crisi scatenata del caso Palamara, preferendo riforme elettorali del sistema anziché scelte radicali». Mentre il procuratore generale di Torino Saluzzo ha parlato di azione «in chiaroscuro» del governo criticando le mancate riforme «che pure, sopratutto dopo aver modificato la prescrizione, sarebbero state necessarie». Il ministro Bonafede è intervenuto alla cerimonia di Catanzaro per tagliare il nastro di una nuova aula bunker. Ma essendo, sopratutto lui, nel delicato interregno di governo non ha affrontato nessuno dei temi al centro del dibattito.

Allarme per i detenuti
Il presidente vicario della corte di appello di Firenze Nencini, il pg di Bologna De Francisci e il pg di Trieste Grohmann hanno denunciato il sovraffollamento delle carceri e il collegato rischio di diffusione del Covid, tema presente in tutti gli interventi nelle corti da parte dei rappresentanti dell’avvocatura. In generale ovunque è stato sollevato il problema dell’arretrato, aggravato dalla lunga sospensione delle attività dei tribunali per il virus.

Violenze in famiglia
In un quadro di generale diminuzione dei reati denunciati – venerdì il pg della Cassazione Salvi aveva sottolineato che l’Italia è ormai uno dei paesi «con il minor tasso di omicidi al mondo» – crescono invece le violenze in famiglia, come chiara conseguenza dei lockdown, A Roma le denunce relative ai reati di violenza di genere e domestica sono cresciute del 9%. Di «forte incremento delle notizie di reato per i delitti di maltrattamenti in famiglia e di atti persecutori, nonché di violenza sessuale, in aumento anche tra i minorenni» ha parlato il pg di Genova Aniello. «La situazione delle vittime di violenza domestica è particolarmente aggravata dal distanziamento sociale e dall’isolamento», ha detto il pg di Milano Nanni. Sopratutto perché, ha notato il pg di Firenze Viola, «vittime e carnefici sono stati costretti dentro le mura domestiche creando un regime di convivenza forzata, di isolamento e di illecito controllo».