A sei anni di distanza dall’epico Sweet Heart Sweet Life, Jason Pierce, al suo ottavo album con il nome Spiritualized, ritorna alla dolorosa, caotica contemplazione dell’esistenza con il suo grido, anti-eroico, che fluttua nella riduttiva etichetta dello «space pop» dal 1990. And Nothing Hurt si nutre di nove pezzi dagli accordi essenziali ma capaci di tratteggiare paesaggi cosmici avvolti da archi e fiati (I’m Your Man), da rudimenti di un garage rock mai dimenticato, accarezzando la fragilità del tempo e dei sentimenti. Registrato  da solo, tra mille difficoltà, anche fisiche, nel salotto di casa, l’album sembra distillare con strabiliante purezza, fin dalla miracolosa prima traccia Perfect Miracle, la dimensione tragica, ma al tempo stesso straordinariamente vitale, di un «sopravvissuto». Per Pierce, il sentimento della meraviglia acustica prevale sulle necessità della composizione e il disco riesce così, come in tutti i lavori precedenti, a farsi cosmo sonoro, a plasmarsi in materia musicale che non può non urlare la necessità di un incontro, forse l’ultimo, con il reale.