Il taxi abbandona i luoghi de L’Avana turistica e ci porta attraverso le case coloniali del Cerro, arranca sulla collina della Vibora e continua tra le migliaia di villette, quasi tutte uguali e tutte immerse tra i banani, le bouganville e le palme di cocco della strada principale Calzada de Managua di Mantilla. Alle 16,30 abbiamo un appuntamento con uno degli scrittori cubani viventi più interessanti e il più amato, Leonardo Padura Fuentes. Arrivati a casa sua un signore sulla sessantina con barba e capelli brizzolati mi accoglie con un sorriso smagliante e un benvenuto: «Antonio, la porta è aperta, i cani non sono pericolosi, abbaiano solo». Lo scrittore de L’uomo che amava i cani ama anche lui i cani. Uno è seppellito nel suo giardino, racconta. Ma non sono cani di razza quelli che mi abbaiano e scodinzolano festosi. La villetta piena di alberi e di fiori è simile alle altre che abbiamo visto lungo la strada. Con un’ospitalità tutta cubana mi prepara un ottimo caffè prima di iniziare la nostra conversazione.

La prima domanda prende spunto da un saggio di Padura dove afferma che «lo scrittore è espressione di una cultura e la cultura è una lingua». Padura si colloca tra gli scrittori di lingua spagnola, nella variante dei Caraibi e segue la norma linguistica habanera, una delle maggiori componenti del suo lavoro è la ricerca delle origini, tanto che la sua tesi di laurea aveva come argomento Inca Garcilaso de la Vega, figlio di una principessa e un conquistatore spagnolo, con lui inizia la creazione di una cultura ibero-americana. L’interesse abbraccia naturalmente la storia cubana con le sue molteplici componenti culturali e razziali. Spagnoli, africani,cinesi e franco-haitiani che dopo la rivolta e l’instaurazione della repubblica negra (Padura usa l’aggettivo «negro») haitiana si trasferirono in massa a Cuba.

Alla domanda se ci sia uno scrittore che abbia influenzato il suo modo di scrivere risponde che tutti gli scrittori iniziano scimmiottando un altro autore fino a quando non trovano il loro modo di scrivere. Il suo modello è stato per molto tempo lo scrittore nordamericano Ernest Hemingway, anche per motivi politici e per la turbolenta vita che conduceva, famosissimo e amatissimo in tutta Cuba. Inoltre Padura, come Hemingway, ha iniziato la sua carriera come giornalista. Ha collaborato infatti con la riviste El Caimàn Barubo, Juventud Rebelde e con La Gaceta de Cuba. Possiamo scorgere nelle descrizioni dei paesaggi quella bellezza che contraddistingue la descrizione di quello veneto del libro Addio alle armi di Hemingway. Padura aggiunge che è ancora un grandissimo amatore dello scrittore Ernest Hemingway, ma molto meno dell’uomo.

Leonardo continua con il parlare della musica cubana di cui è profondo conoscitore. Afferma che la musica è sicuramente l’arte più significativa dei Caraibi e in essa si sono fuse le varie componenti culturali creando un unico. La musica cubana è stata influenzata dall’interscambio con la musica jazz nord Americana, favorita da una forte presenza cubana a New York durante il periodo dagli anni 20 agli anni 60. La salsa è un movimento musicale che contiene un nucleo ed è aperta a esperimenti come il jazz.
Gli europei, compreso gli spagnoli, non hanno capito la salsa. Il famosissimo gruppo Buena Vista Social Club è solo una riuscitissima operazione commerciale, secondo lui i componenti del gruppo non facevano parte dei musicisti più rappresentativi della tradizione cubana.

Rispondendo alla domanda se la musica cubana abbia agevolato qui la diffusione della letteratura la risposta è negativa, sono i libri del cosiddetto realismo magico latinoamericano, le opere di Gabriel Garcìa Màrquez e di Isabel Allende che hanno aperto la porta agli scrittori cubani. Il suo libro più famoso, L’uomo che amava i cani, è stato pubblicato a Cuba quest’anno con una tiratura di 2000 copie, ridicola se si considera che gli è stato assegnato il premio della critica dall’Istituto Cubano dell’Arte. Padura sottolinea che un libro a Cuba vale un piccolo tesoro. Infatti, costa l’equivalente di una giornata lavorativa di un salario medio se si riesce a comprarlo in peso cubano, e l’intero salario mensile se acquistato in peso cubano convertibile (a Cuba ci sono due monete, una per i cubani, il peso cubano, e una per gli stranieri, il peso cubano convertibile).

Ogni copia di un libro, grazie anche all’altissimo tasso di alfabetizzazione esistente in Cuba, viene letta da 20 a 25 persone. Uno dei rapporti più alti del mondo. Abbiamo assistito, durante la bellissima presentazione de L’uomo che amava i cani tenuta dallo stesso Padura nel Padiglione di Cuba in occasione della Fiera del Libro 2013, a un fatto strano: oltre la metà degli spettatori sono spariti in un attimo. Alla nostra domanda del perché ci hanno spiegato che si era aperta la vendita del libro al prezzo di 30 pesi cubani e molti desideravano accaparrarsi una copia. Ci hanno spiegato che il prezzo sale di 24 volte se acquistato in peso cubano convertibile nelle librerie private. Ho visitato personalmente sei librerie e ho ricevuto sempre la medesima cortese risposta: «Ci dispiace, tutto esaurito. Provi alla libreria in via…». Naturalmente non mi è stato difficile comprare una copia de L’uomo che amava i cani per 30 pesi cubani convertibili (circa 25 euro, l’equivalente del salario mensile di un medico cubano).

Il romanzo narra la parabola di Ramon Mercader, da militante comunista e combattente nella Guerra civile spagnola ad assassino, e il racconto fatto dall’assassino stesso a uno scrittore cubano mentre era in cura a Cuba. Nonostante conosciamo già il fatto storico, la morte di Trotskij, il libro mantiene una tensione tipica dei libri gialli. Non a caso Padura è uno dei più famosi scrittori di libri di genere in lingua spagnola. I suoi romanzi sono ambientati nella città che l’autore ama, cioè L’Avana. Per un attimo mi parla di Leonardo Sciascia e de Il giorno della civetta, dice che gli ha dedicato un ottimo saggio dal titolo «Sciascia mira al mundo deste una colina siciliana» («Sciascia guarda al mondo da una collina siciliana»).

Durante la presentazione del libro Padura ha ricordato che, per motivi politici, la figura e il ruolo svolto da Trotskij durante la rivoluzione d’ottobre sono completamente sconosciuti a Cuba e pertanto la sua descrizione, storicamente documentata, può apparire troppo meticolosa a lettori di altri paesi che ne conoscono già l’opera. Il libro è stato scritto per il pubblico cubano, e ripropone in maniera magistrale il dilemma morale legato al fine che giustifica i mezzi. Descrive il regime di terrore scatenato da Stalin nella sua scalata al potere e ancora di più per mantenerlo, parla della degenerazione di un’oligarghia rossa che si appropria di tutti i previlegi. Questo viene descritto da uno dei personaggi del libro stesso che in un passo dice: «Quando ti rompono il culo lo fanno per il tuo bene e per il bene dell’umanità…»

Il tema della libertà dell’arte rispetto alla politica non poteva mancare nell’opera di Padura. Viene presentato come un colloquio tra Trotskij e André Breton. Dopo lunghe discussioni si ribadisce la piena libertà dell’arte. La conclusione non è inventata, la si può leggere negli scritti di Trotskij e di Breton. Questo tema ricorda il discorso di Fidel Castro agli intellettuali cubani: «Dentro la rivoluzione tutto è permesso, fuori niente». Questo discorso apre un periodo buio nella letteratura cubana, spalancando le porte alla censura e, forse, alla ancor più dannosa autocensura e alla paura. Naturalmente questo periodo appartiene oggi alla storia passata, e la pubblicazione del libro di Padura, i premi da lui vinti, sono una prova evidente del cambio avvenuto a Cuba specialmente negli ultimi 10 anni. Infatti Padura conduce una crociata nel cercare di far pubblicare nell’isola gli scrittori cubani che vivono in esilio. Secondo lui tutti gli scrittori cubani fanno parte di diritto alla letteratura cubana indipendentemente dal loro credo politico. Alla domanda se condivide il sogno di moltissimi giovani cubani cioè quello di trasferirsi all’estero la risposta è chiara e precisa: «No, amo Cuba». E poi, con un sorriso: «Inoltre, sono già vecchio».

Una Cuba che secondo Padura gli europei non riescono a capire perché vengono condizionati dalla loro visione politica. Per esempio gli alunni nelle loro uniformi sono espressioni del diritto allo studio per quelli di sinistra mentre è un indottrinamento precoce per quelli di destra. Un povero che raccatta lattine e bottiglie vuote nelle pattumiere è il simbolo del fallimento del sistema per quelli di destra. Invece quelli di sinistra dicono che a Cuba lo possono fare in pace mentre negli altri paesi latinoamericani vengono scacciati e picchiati dalla polizia. Per capire Cuba, a detta di Padura, bisogna vivere per sei mesi a Alamar (un quartiere costruito dopo il trionfo della rivoluzione con casette che si ripetono all’infinito e strade mancanti) con 600 pesi cubani al mese. Allora si riesce a capirla davvero e, aggiungiamo noi, ad ammirare il popolo cubano.