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«Padre Dall’Oglio è vivo, ostaggio Isis»

«Padre Dall’Oglio è vivo, ostaggio Isis»Padre Paolo Dall'Oglio

Siria Secondo fonti curde, il gesuita sarebbe parte di un gruppo di 24 ostaggi dello Stato Islamico a Baghuz. Trattativa in corso per la loro liberazione in vista dell'offensiva finale contro l'ultima enclave islamista nel paese

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 5 marzo 2019

L’ultima enclave Isis in Siria è vicina alla liberazione. E vicino alla liberazione sarebbe anche padre Paolo Dall’Oglio.

Le voci che circolano da qualche settimana avrebbero trovato nuove conferme ieri: il gesuita, rapito a Raqqa il 29 luglio 2013, sarebbe ancora vivo e sarebbe parte di un gruppo di 23 ostaggi che lo Stato Islamico, arroccato nel villaggio di Baghuz, sta utilizzando come lasciapassare.

A scriverlo sono il giornale libanese Al-Akhbar e al Mayadeen Tv: secondo fonti curde vicine alle Sdf (le Forze democratiche siriane impegnate nella liberazione dell’ultimo pezzo di territorio ancora occupato dal «califfato»), la battaglia avrebbe rallentato nelle ultime ore proprio per dare una chance alla trattativa in corso «da tre giorni».

«Sarebbe stato concluso un ampio accordo – riporta al-Akhbar – ma alcune complicazioni ritardano la sua applicazione». Dall’Oglio, il giornalista britannico Cantlie e altri 21 ostaggi liberi in cambio della fuga sicura dei miliziani (e tre importanti leader, che spiegano il negoziato) da Baghuz. Per ora nessuna conferma ma, a differenza di passate indiscrezioni, stavolta ci sarebbe qualche certezza in più: i racconti degli ostaggi civili, riusciti a fuggire da Baghuz, comunità al confine con l’Iraq, confermerebbero.

La leadership Isis è ben consapevole della fine del suo progetto territoriale, o per lo meno (nella visione del «califfato») di un suo rinvio: Baghuz, spiegava ieri il portavoce delle Sdf Mustafa Bali, è ormai circondata su ogni lato. I jihadisti sono arroccati in un’area molto piccola, senza alternative.

Negli ultimi giorni sono stati evacuati circa 17mila civili: ridotti in pessime condizioni, affamati e malati, sono stati portati nel nord-est della Siria, nel campo di al-Hol. Dove però gli aiuti non bastano perché le grandi organizzazioni internazionali non arrivano: mancano tende, coperte, cibo.

Altri restano a Baghuz, aggiunge Bali, in piena offensiva finale: «Stiamo rallentando l’avanzata a causa del piccolo numero di civili usati come scudi umani da Daesh». Tra gli evacuati degli ultimi due giorni anche miliziani dell’Isis con le famiglie. Le Sdf non danno un bilancio esatto, ma si starebbe parlando di 150-200 islamisti.

Ne sono stati invece liberati 283 nel nord della Siria, spiega l’amministrazione di Rojava, perché «non coinvolti in crimini» e azioni armate. Poveri, operai, reintegrati nella società grazie alle attività di riconciliazione portate avanti nella regione insieme alle tribù.

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