Sembra sempre più ardua la via dei risparmiatori che hanno investito sui bond subordinati delle quattro banche salvate dal governo: l’Unione europea ieri è intervenuta ancora una volta per sostenere che non saranno possibili «rimborsi diretti da parte dello Stato», ma che piuttosto – sulla linea di quanto già annunciato dal governo – si dovrà virare su un «arbitrato», gestito dalla Consob, che esaminerà la situazione di ciascun risparmiatore. Nel caso si appurasse che il cliente è stato ingannato o male informato dalla banca, sarebbe possibile accordargli un rimborso (che si profila comunque parziale) attraverso la bad bank costituita dall’esecutivo con gli asset deteriorati dei quattro istituti riportati in vita.

Nella bad bank confluirebbero i circa cento milioni destinati ai rimborsi, che potranno anche essere anticipati dallo Stato, ma in forma di finanziamento che poi dovrà essere comunque restituito dalla stessa bad bank.

La posizione del governo è stata ribadita in serata dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, in audizione alla Commissione Bilancio della Camera: «Non si può escludere – ha spiegato – che le quattro banche abbiano venduto obbligazioni subordinate a persone che presentavano un profilo di rischio incompatibile con la natura di questi titoli di investimento, ma questo è quanto andrebbe accertato con un’analisi di ogni singola posizione».

«Il governo intende dare una risposta – ha ripreso il ministro – Stiamo preparando una norma che dispone la creazione di un fondo con il contributo delle banche per affrontare questi casi di persone che», in seguito a investimenti nei 4 istituti interessati dal decreto salva banche, «potrebbero trovarsi in condizioni di vulnerabilità economica».

L’esecutivo intende muoversi nel solco delle regole Ue, infatti Padoan ha detto di ritenere «che sia possibile definire un intervento compatibile con la disciplina europea degli aiuti di Stato». La norma per l’istituzione del fondo a favore degli obbligazionisti subordinati sarà introdotta con un emendamento governativo al disegno di legge di Stabilità. Le modalità e i criteri di intervento del fondo saranno definiti con un regolamento che sarà emanato successivamente, ha spiegato il ministro.

Il decreto salva-banche, ha continuato Padoan, ha «salvaguardato circa un milione tra depositanti e obbligazionisti senior, 200 mila pmi» e «6 mila posti di lavoro», mentre secondo il Tesoro quasi la metà (340 milioni) dei 768 milioni di obbligazioni subordinate delle 4 banche è stata a carico dei risparmiatori retail. I risparmiatori coinvolti sono 10.500; il restante è stato ceduto a investitori istituzionali che potrebbero averlo immesso sul mercato secondario.

Secondo il ministro il caso delle 4 banche ha portato alla luce «la scarsa educazione finanziaria degli italiani». Infine la difesa di Banca d’Italia: il progetto che coinvolgeva «il fondo di garanzia dei depositanti non è risultato praticabile dal nuovo quadro europeo – ha spiegato Padoan – Quindi Banca d’Italia ha avviato la procedura di risoluzione, preferibile alla liquidazione, che avrebbe avuto conseguenze disastrose».

Tornando alle parole della Ue, il portavoce della Commissione di Bruxelles ha spiegato che il fallimento di una banca e l’eventuale perdita, per esempio, di un appartamento da parte degli obbligazionisti che hanno subito perdite non può essere considerata una crisi umanitaria come quelle provocate da alluvioni o altri disastri. Quindi non si giustificano – come detto – interventi diretti di aiuto da parte del governo, dovendosi rispettare le regole del libero mercato (se in Italia si offrisse una rete a chi investe su obbligazioni che sono ovunque scoperte, si ravviserebbe una violazione del principio della libera concorrenza, attraverso aiuti di Stato).

Bene, al contrario, ha aggiunto il portavoce Ue, l’ipotesi di un arbitrato affidato alla Consob per valutare caso per caso la situazione dei risparmiatori coinvolti nella risoluzione delle quattro banche italiane: «Sarebbe un’ottima idea», ha detto. La via dell’arbitrato ricalcherebbe la strada percorsa dalla Spagna nel 2013 con la risoluzione di diverse banche. Allora furono cancellati circa 15 miliardi di euro di bond junior e vennero istituiti dei tribunali arbitrali per valutare i casi di misselling, la vendita di prodotti finanziari non adatti a varie categorie di clienti.

Nel caso spagnolo, fra il 10 e il 15% delle perdite fu ripagato dalle banche risanate e lo stesso risultato, si sottolinea, potrebbe essere raggiunto in Italia.

Ieri è intervenuta anche Banca d’Italia, respingendo le accuse ricevute: «Bankitalia non ha il potere di vietare la vendita di prodotti alle banche», ha detto il direttore generale di Bankitalia Salvatore Rossi in una intervista al Corriere della sera, ma già «in tempi non sospetti il governatore Ignazio Visco ha chiesto di arrivare a vietare la vendita di obbligazioni subordinate agli sportelli in modo che solo investitori istituzionali potessero acquistarli e non i semplici risparmiatori».

In giornata è poi intervenuto lo stesso governatore: le questioni legate al dissesto delle banche «le consideriamo con un impegno che è massimo, facendo il meglio ed essendo sicuri di aver fatto il meglio», ha detto Visco, aggiungendo che «su questo si riferirà in tutte le sedi a ciò deputate, con tutta la dovizia di particolari necessaria».