Spaziale: Ognuno appartiene a tutti gli altri è il titolo del progetto curatoriale di Fosbury Architecture per il Padiglione Italia, promosso dalla Direzione generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, della 18/a Mostra internazionale di architettura (che inaugurerà il 20 maggio a Venezia). Potrebbe sembrare un ruvido scatto dalle edizioni precedenti per l’impostazione aperta e radicale del collettivo milanese. Al canone collaudato, infatti, delle rassegne realizzate o da realizzarsi collegate a un tema-guida, questa volta si presenta il risultato del lavoro svolto negli ultimi quattro mesi da architetti, studi o gruppi invitati in nove località italiane scelte da ciascuno dei partecipanti.

LA QUALITÀ di queste nuove «attivazioni» eseguite per significare gli «spazi» prescelti sarà valutata da vicino nei giorni di apertura della Biennale architettura. Dall’esposizione che ne hanno dato nella conferenza stampa di ieri i curatori, con il presidente Roberto Ciccuto, e in linea con quanto ideato dalla direttrice dell’esposizione veneziana, Lesley Lokko, anche nel Padiglione Italia sarà presente quella realtà emergente di giovani architetti che stanno mettendo in discussione pratiche e ruoli attraverso forme nuove di organizzazione e orientamenti per affrontare il futuro, di certo non del tutto in sintonia con il pensiero dell’attuale ministro del Mic Sangiuliano.
Nell’economia dei tempi e delle risorse ognuno dei nove partecipanti ha realizzato il suo progetto site-specific insieme a un advisor e un incubatore che ne ha resa fattibile l’esecuzione. L’elenco degli interventi prende in considerazione luoghi di indiscussa bellezza naturalistica come la Baia di Ieranto, all’estremità della penisola sorrentina, dove l’Atelier BB con il team di Terraforma, dispongono il loro «dispositivo significante» ideato per monitorare il fondo marino e divulgare racconti mitologici.

IN ALTRI CASI, come a Belmonte Calabro o a Ripa Teatina, l’«attivazione» ha riguardato il recupero di spazi abbandonati. Nel paese calabro il collettivo romano Orizzontale con il progetto Tracce del BelMondo, propone nell’antico castello di ripristinare uno spazio all’aperto per gli abitanti disponendo nel giardino una serie di attrezzature e tecnologie leggere; mentre nel paese abruzzese i ferraresi Hpo prospettano di recuperare un ecomostro abbandonato dal 1973: l’Uccellaccio, titolo del loro progetto. Il distorto sviluppo urbanistico delle nostre città, esaminato nella relazione artificiale/naturale, è invece oggetto dei collettivi: (ab)Normal e Captcha Architecture, concentrati nell’area urbana di Prato-Pistoia, e Parasite 2.0 interessato a quella di Mestre. Nel progetto dei primi, Belvedere RN-M-G-M/G-Clt Uni En 13163-2013, l’alternanza di terreni agricoli dediti al commercio vivaistico e sprawl urbano può rappresentare persino un «modello esportabile in tutto il mondo»; mentre in quello del secondo, Concrete Jungle, la riflessione uomo-natura verte sull’uso del tempo libero nella città metropolitana tra attività fisiche più «divisive che ricreative».

Il centro storico di Taranto, nello stato di degrado in cui versa, ha suggerito al gruppo Post Disaster l’impiego dei tetti come «spazi non convenzionali» a uso pubblico. La loro azione performativa, Post Disaster Rooftops EP04, vuole superare la crisi di urbanità che vive la Città Vecchia. Allo stesso modo uno slancio di ottimismo sostiene l’intervento degli olandesi dello Studio Ossidiana dal titolo La Casa Tappeto: «un padiglione mobile e temporaneo che si fa interprete di un desiderio collettivo di ombra, protezione e leggerezza» collocato nell’esteso quartiere popolare del Librino a Catania.

SE BISOGNA «prendersi cura delle comunità», altrettanto importante è rispettarne l’identità per farle convivere insieme. Di ciò riflette il progetto Sot Glas (sot dal friulano «sotto», e glas dallo sloveno «voce») di Giuditta Vendrame che a Trieste dispone la sua installazione nel rifugio sotterraneo antiaereo Kleine Berlin.
Con Sea Changes – Trasformazioni Possibili della piattaforma per pratiche spaziali e relazionali Lemonot, terminiamo l’elenco dei partecipanti al Padiglione Italia che abbiamo così segnalato in sintesi. Quest’ultima «attivazione» si situa nella zona montuosa sarda del Montiferru e interessa la produzione e il consumo alimentare.
In particolare prende in esame le micro-filiere dei prodotti tipici della Sardegna rilevandone le difficoltà locali per il loro sostentamento e criticando i conflitti globali generati dall’industria del cibo, che come le altre (turismo, real estate, oil & gas, ecc.) disegna un futuro incerto per il nostro pianeta.