Il mondo di Paco Roca oscilla su una corda tesa tra presente e passato, in un movimento ondulatorio inesorabile e struggente che rimanda alle barche in lotta contro la corrente nel Gatsby di Francis Scott Fitzgerald. Ne è un’ennesima testimonianza Ritorno all’Eden, sontuoso cartonato da 176 pagine a colori appena pubblicato da Tunué: dopo Rughe, La Casa e Il tesoro del cigno nero, lo sceneggiatore e disegnatore di Valencia torna a esplorare i territori nebulosi e irti di rivelazioni della memoria.

Paco Roca

«CON Ritorno all’Eden ho imparato molto sulla mia famiglia e su me stesso», sottolinea l’artista cinquantaduenne a margine di Lucca Comics & Games 2021. «È successo tutto a partire da uno spunto diverso da quelli da cui ero partito per realizzare i miei lavori precedenti. Rughe era ispirato ai miei genitori, già anziani all’epoca della realizzazione del libro. Ma anche al papà di un amico affetto da Alzheimer, una malattia devastante. Con La Casa mi sono trovato di nuovo a vagare tra memoria e ricerca dell’identità: mio padre era morto da poco e questo mi ha dato l’idea di fare un fumetto per riflettere sui ricordi di famiglia a cominciare da una casa messa in vendita all’indomani della sua scomparsa. Ritorno all’Eden, invece, nasce dai ricordi di mia madre novantenne, che ho registrato nel corso di una serie di conversazioni: in un primo momento, non volevo ricavarne una storia, ma solo raccoglierli e custodirli. Poi, ho cominciato a notare elementi interessanti per un’eventuale trasposizione a fumetti».

COME in altre opere di Roca, anche in questo caso il ricordo diventa una chiave per interpretare il presente. Un tratto che l’autore sembra condividere con i protagonisti delle sue storie, anche se solo fino a un certo punto. «Non sono mai stato un tipo nostalgico e tra le altre cose ho anche il problema di una pessima memoria», sottolinea il cartoonist iberico. «Mi interessa più attingere a “come eravamo” per arrivare a guardare quello che siamo oggi da una diversa angolazione. Non credo sia mai esistito un altrove mitico in cui si stava meglio. In effetti, il tema di fondo di Ritorno all’Eden è proprio questo. Antonia, la protagonista, rimpiange i tempi della vecchia foto cui è ossessivamente legata e da cui prende le mosse tutta la storia narrata nel libro. Ma in fondo, anche le religioni e le dottrine sovraniste favoleggiano di un tempo ormai lontano e assolutamente perfetto, un Eden che abbiamo perso a causa dei nostri errori, ma che se solo lo volessimo con un po’ d’impegno potrebbe tornare a portata di mano». Un calcetto al Franchismo, volutamente lasciato sullo sfondo nella narrazione ma nonostante tutto al centro delle critiche di numerosi lettori spagnoli. «Molti hanno criticato il fumetto per il taglio troppo di parte. Il che la dice lunga sulla situazione che stiamo vivendo in Spagna, dove bisogna cercare di non urtare la sensibilità di chi continua ancor oggi a difendere la dittatura». Antonia, alter ego romanzato della madre dell’autore, è un personaggio delineato magistralmente che ricorda molto la Ida Ramundo de La Storia di Elsa Morante o il giardiniere Chance di Oltre il giardino.

L’AUTENTICA «idiot savant» che attraversa apparentemente senza accorgersene un dopoguerra oppresso dallo spettro della fame, della brutalità del vivere, della famiglia come ricettacolo di miserie e comportamenti disfunzionali. «Il dopoguerra in Spagna è stato duro e lunghissimo, stretti com’eravamo tra la miseria e la dittatura. Questo ha creato una società in cui ognuno puntava solo alla sopravvivenza, chinando il capo e sopportando di tutto. I personaggi di questa storia sopravvivono proprio in virtù del loro egoismo. Ma come giudicarli? A quel tempo, con pochissimo da mangiare, il primo a nutrirsi era il capofamiglia, che portava i soldi a casa; poi, i bambini; e infine, le madri. Era una società primordiale e machista». Per contrappasso, Ritorno all’Eden è un romanzo tutto al femminile, non solo perché le donne sono protagoniste della narrazione ma anche perché ne escono come i personaggi più positivi. «In un certo senso, l’urgenza di conservare la memoria di mia madre è stato un modo per far sì che le mie figlie conoscessero la vita della loro nonna. Durante quelle conversazioni con mia madre ho capito che mentre le mie figlie sono piene di sogni per il loro futuro, lei non ha mai potuto scegliere. Come la maggior parte delle donne del suo tempo e del suo status sociale, poteva solo aspirare a essere una casalinga». La vita di una sola donna diventa così la vita di tutte le donne, con un approccio che trasforma un racconto intimo in un vero romanzo universale, perfetto per raccontare la vita delle mujeres degli anni ’40 anche negli aspetti più controversi. «La rinuncia all’identità tra mia madre e la protagonista mi ha permesso di prendere le distanze dalla trama e concedermi la massima sincerità. Resta il fatto che certe parti della storia siano state complesse da affrontare, penso alle violenze domestiche di cui mia madre non mi aveva mai parlato fino al momento delle mie interviste con lei. Sono cose che aveva tenuto per sé per tutta la vita e fissarle su carta non è stato facile».

UN DISTACCO che è passato anche attraverso un approccio ancor più controllato e meticoloso del solito nei confronti della composizione, del montaggio e della gabbia grafica del fumetto. «Dato che si trattava di una trama piuttosto compatta, ho voluto costruirla come un meccanismo a orologeria, con un percorso circolare tra incipit e finale e il motivo ricorrente della vecchia foto in cui continuiamo a entrare e uscire». Rispetto al passato, salta agli occhi anche la combinazione di linguaggi e stili molto disparati: incisione ottocentesca, infografica, fumetto classico, collage. «Il vero problema è stato accostare disegno e fotografia. Un disegno è una sintesi, mentre una foto è una perfetta riproduzione della realtà. Non ero certo che partire da una fotografia per poi far muovere lo stesso personaggio all’interno della storia potesse funzionare». Foto sfuocate del dopoguerra spagnolo anche nel prossimo futuro del fumettista di Valencia, ma non solo: «Sto lavorando su due progetti molto diversi tra loro, un racconto più personale su un momento particolare del dopoguerra. E poi, una miniserie per DC Comics con Catwoman come protagonista, una cosa che non avevo mai fatto ma che mi permetterà di cambiare registro per un po’». Un fumettista dalle nove vite, tutte da scoprire.