Nei primi mesi di lockdown le chiamate ai centri antiviolenza da parte delle donne sono aumentate tra il 25 e il 111% in 10 paesi distribuiti su 5 continenti, in Italia sono cresciute del 73%. È la Malesia lo stato con il dato più alto (111%), seguita da Colombia (79%), Italia appunto, Sudafrica (69%), Cina e Somalia (50%), Tunisia (43%), Argentina e Regno unito (25%). Secondo la National commission for Women anche in India la siuazione è molto allarmante (più 250%).

I DATI, comunque sottostimati rispetto ai numeri reali, sono contenuti nel report Il virus della violenza di genere di Oxfam: «Il Covid ha innescato una “tempesta perfetta” – si legge – che ha esasperato differenze di potere e accesso alle risorse tra uomini e donne. Una crisi non solo economica ma anche umana, fatta di ansia sociale e personale, stress, pressione economica e lavorativa, isolamento, aumento dell’uso di alcol e droghe. Gli stessi operatori sociali si sono detti spesso incapaci di prestare soccorso a donne e ragazze rimaste gravemente ferite o colpite da tendenze suicide o ancora abusate da partner diventati aguzzini».

IN IRAQ, dove Oxfam è partner del progetto Naseej, le violenze di genere durante la pandemia sono aumentate del 65% secondo i servizi a supporto delle vittime in 3 Governatorati del paese, nel 94% dei casi si tratta proprio di violenze domestiche. La violenza contro donne e bambine è il principale ostacolo all’emancipazione femminile in Medio Oriente e Nord Africa, dove il tasso di violenza domestica è del 35%. Soprattutto in paesi come Yemen, Iraq e Palestina, distrutti da conflitti e crisi umanitarie.

LA GRAN PARTE DEI PAESI non ha risposto con tempestività alle violenze nonostante la situazione fosse già allarmante prima della pandemia: nel 2018 oltre 245 milioni di donne e ragazze nel mondo hanno subito violenza sessuale o fisica da parte del partner. Un numero superiore al totale dei casi Covid (199 milioni) tra ottobre 2020 e ottobre 2021. In Italia, sottolinea Oxfam, «l’emersione degli episodi di violenza e stalking segnalati da marzo 2020 ha riguardato soprattutto donne di cittadinanza italiana, mentre restano in buona parte non denunciati gli abusi subiti da migranti e rifugiate, più esposte a tratta e sfruttamento».

Oxfam, su questo punto, ha messo in campo il progetto Wetoo finanziato dall’Ue per rafforzare le competenze dei servizi e delle istituzioni per l’identificazione e la presa in carico delle donne sopravvissute a violenza di genere. Italia, Grecia, Bulgaria, Germania e Serbia i paesi coinvolti. La violenza fisica e psicologica si somma spesso alla dipendenza economica: l’aspettativa è di avere ulteriori 47 milioni di donne in povertà estrema quest’anno per effetto della crisi globale.

«DONNE E PERSONE LGBTQIA+ subiscono forme di violenza e discriminazioni esasperate dalla pandemia – ha spiegato Maria Nella Lippi, responsabile dei programmi di giustizia di genere per Oxfam Italia -. Il fenomeno porta con sé ferite, stress emotivo, danni fisici e psicologici, crescente povertà e sofferenza. La pandemia ha messo in evidenza l’incapacità dei governi, il nostro incluso, di proteggere le persone che sono esposte ad abusi per l’identità di genere e l’orientamento sessuale».

L’ITALIA è sotto la media Ue rispetto all’inclusione sociale delle persone Lgbtqia+. Nel 2020, secondo l’Agenzia europea per i diritti fondamentali, solo il 39% delle persone Lgbtqia+ in Italia dichiarava di esprimere pubblicamente la propria identità, il 28% di aver subito discriminazioni sul posto di lavoro, il 32% di essere stato coinvolto in almeno un episodio di violenza nell’ultimo anno. Un contesto ostile che provoca un’alta percentuale di abusi non denunciati alle autorità competenti, con episodi che riguardano anche adolescenti in ambito familiare.

«Nonostante il quadro drammatico – prosegue Lippi – lo scorso ottobre il Senato ha negato la ratifica del ddl Zan contro l’omobitransfobia lasciando nell’ordinamento un vuoto enorme, che si traduce in mancanza di tutele efficaci. Se i governi non attueranno politiche adeguatamente finanziate, l’emancipazione delle donne farà gravi passi indietro così come la prospettiva di una società accogliente per tutti». Da ieri è partita la campagna «16 giorni di attivismo contro la violenza di genere» per mostrare ai governi la disuguaglianza a cui donne e comunità Lgbtqia+ sono esposte. Nessun atto concreto è possibile senza «investire in servizi di qualità, sostenere le organizzazioni impregnate nella tutela dei diritti delle donne, finanziare i centri antiviolenza ed elaborare analisi e dati».

SUCCEDE L’OPPOSTO: «Oltre 200 organizzazioni per la tutela delle donne hanno registrato una riduzione dei fondi e un minor acceso agli spazi decisionali. Il 33% ha dovuto licenziare da uno a dieci dipendenti, mentre il 9% ha dovuto cessare ogni attività. Queste organizzazioni sono state le più esposte ai tagli proprio durante l’emergenza Covid, quando il loro lavoro si è fatto essenziale». E ancora: «Anche se formalmente 146 stati membri dell’Onu hanno dichiarato il loro sostegno all’azione contro la violenza di genere nei piani di risposta al Covid – scrive Oxfam – solo un misero 0,0002% dei 26.700 miliardi di dollari mobilitati per rispondere alla pandemia nel 2020 è stato destinato a questo scopo».