Aumento delle temperature, innalzamento del livello dei mari, ondate di calore, desertificazione, siccità, dissesti idrogeologici, alluvioni, uragani. Fenomeni ancora più devastanti se associati all’alta densità dell’ambiente costruito e all’impermeabilizzazione crescente del suolo.

NEL SOLO SISTEMA URBANO italiano risiede oltre il 56% della popolazione. Per le sue caratteristiche fisiche e strutturali, «i nostri centri urbani sono dei veri hotspot per le conseguenze del cambiamento climatico» scrive Donatella Spanu nel rapporto Analisi del Rischio. I cambiamenti climatici in sei città italiane elaborato dalla Fondazione Cmcc-Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici.

LA CRISI CLIMATICA CON TUTTA la sua potenza, ma anche pandemie, terrorismo e rivolte, dimostrano che le nostre città non sono attrezzate per far fronte alle catastrofi. Uno scenario distopico che in parte è già qui. Cosa ci attende dunque? E come evitarlo?

DIVERSI RICERCATORI hanno provato a immaginarsi come punto di partenza una fantascientifica città-zombie, ultima possibilità di sopravvivenza del genere umano sulla Terra. ZombieCity è un immaginario usato come metafora per stimolare professionisti e studenti a elaborare strategie urbane di sopravvivenza e ripensare le città. Tensione che genera creatività, a tutti i livelli della società.

ZOMBIECITY (D EDITORE) è un libretto illuminante, con tanto di simulazioni e grafiche 3D, curato da Alessandro Melis, architetto e docente, direttore del Cluster for Sustainable Cities all’University of Portsmouth, cofondatore con Gian Luigi Melis dello studio Heliopolis 21, curatore del Padiglione Italia alla Biennale Architettura di Venezia 2020 e tra i più influenti ricercatori nel campo dell’architettura radicale, sostenibile e delle resilienza urbana.

NATO DA UNA RICERCA AVVIATA nel 2012 e aggiornato alla luce delle conseguenze urbane dell’emergenza sanitaria e del movimento Black Lives Matter, ZombieCity parte dallo studio delle crisi in atto per progettare strumenti concreti, sia strategici che tecnologici, che puntano dritto al miglioramento della qualità della vita.

OGGI, OLTRE IL 50% della popolazione mondiale è concentrata nelle città che occupano circa il 2% del suolo potenzialmente occupabile per altri scopi. Il 38% delle terre emerse, fa notare Melis, è utilizzato per la produzione di cibo, che rappresenta la prima causa di emissioni di CO2. Considerato che oltre 1 milione di persone soffre di fame cronica e che circa il 30% delle terre emerse è occupato da deserti e ghiacciai e altrettanto da foreste, è evidente che già oggi abbiamo una disponibilità di suoli del tutto insufficiente.

SE, COME SEMBRA, entro il 2050 la popolazione aumenterà di 2 o 3 miliardi, l’agricoltura sarà la principale minaccia ambientale del pianeta, e, dunque, della nostra salute. E questo non è l’unico problema.

QUALI ALTERNATIVE, ALLORA? Selenia Marinelli pensa ad esempio all’«inclusione di assemblaggi di natura organica e inorganica in un’architettura che potremmo definire eco-simbiotica», capace cioè di rendere gli edifici luoghi della contaminazione, con l’integrazione architettonica di organismi come alghe o protocellule.

EMMANUELE JONATHAN Pilia riflette su alcuni casi diventati «simboli del degrado»: dal Pruitt-Igoe, grande progetto urbanistico sviluppato nel 1955 a Saint Louis, Missouri, da un’idea di Minoru Yamasaki, l’ideatore delle Torri Gemelle, al Nuovo Corviale, il criticatissimo «Serpentone» della periferia romana.

BARBARA FOERSTER immagina un processo di differenziazione delle città a partire dalle «multi e meta sessualità» per una maggiore fruizione degli spazi urbani da parte delle donne. «La prospettiva femminile, più orientata all’accoglimento, ha consentito lo sviluppo di quartieri più sicuri, accessibili e con più infrastrutture», scrive, grazie alla contaminazione e all’estensione dell’uso convenzionale dei luoghi in qualcosa di nuovo.

OTTO SAGGI DI ESPERTI e nove progetti di studenti selezionati, che esplorano strategie urbane radicali, nuovi modelli insediativi, in un’ottica rigenerativa e circolare, in risposta agli effetti imprevedibili di una crisi climatica già fuori controllo.