Vent’anni fa se ne andava Osvaldo Soriano, dopo un delicato intervento chirurgico ai polmoni, bruciati dalle innumerevoli sigarette consumate davanti alla sua macchina da scrivere. Dai tasti uscivano articoli che parlavano di sport solo apparentemente, in realtà descrivevano la vita dei poveri delle baraccopoli di Buenos Aires, parlavano dell’America Latina, di politica, di film, di letteratura, di arte e del tango di Carlos Gardel. Osvaldo Soriano diceva di essere inadeguato al mestiere di giornalista sportivo, perché riteneva che lo sport fosse una cosa troppo grande per sentirsi competente, in compenso sosteneva di avere una grande capacità di raccontare storie. E nei suoi articoli, scritti sul manifesto in occasione dei mondiali del 1990 disputatisi in Italia, la poetica del racconto emergeva con forza. Nella redazione di via Tomacelli nacquero racconti e articoli, alcuni dei quali poi pubblicati nel 1995 nel volume Pensare con i piedi (Einaudi). Non è un caso che Osvaldo Soriano, ancor prima di approdare in Italia, avesse stabilito una solida amicizia con il giornalista sportivo e scrittore Giovanni Arpino, che per il quotidiano La Stampa seguiva i principali avvenimenti calcistici e sportivi, autore di Azzurro Tenebra, un libro sulla disastrosa prestazione azzurra ai mondiali di calcio del 1974 e sulla figura di Giacinto Facchetti, capitano della nazionale e dell’Inter. Arpino recensì nel 1974, nel silenzio generale della critica, con grande entusiasmo sulle colonne del quotidiano torinese il primo libro di Soriano tradotto e pubblicato in Italia Triste, solitario y final. Quella recensione sfuggì a El Gordo, come lo chiamavano gli amici argentini per il suo essere un po’ grassoccio, e arrivò nelle sue mani solo tre anni dopo, nel 1977, quando Soriano era fuggito in Europa e aveva riparato a Bruxelles, dove viveva in una piccola soffitta, perché era nella lista nera del generale Videla, dal 1976 capo della giunta militare golpista in Argentina e responsabile, attraverso il piano Condor, della morte di migliaia di desaparecidos. Soriano, quando ebbe tra le mani la recensione di Arpino, si precipitò a scrivergli una lettera di ringraziamento e di scuse per il ritardo, il cui incipit reverenziale era “Estimado senor Arpino”, dopo i primi scambi epistolari passò a un più cortese “ Senor Giovanni” fino a giungere all’amichevole “Querido Giovanni”. Amava i gatti, El Gordo, ancor oggi uno compare con lui nel logo della nazionale italiana scrittori, frutto del disegnatore Paz, che non a caso si chiama Soriano Football Club. Questo l’incipit di un suo racconto: “ Il giorno in cui sono nato c’era un gatto che aspettava dall’altro lato della porta. Mio padre fumava in cortile, a Mar del Plata. Mia madre dice che è stato un parto difficile, alle quattro e venti di pomeriggio di un giorno d’estate. Il sole spaccava le pietre, i giovani Borges e Byoi Casares se ne stavano da quelle parti a Los Troncos, impegnati a creare le storie allucinate di don Isidro Parodi. A Borges i gatti gli andavano dietro… A me, un gatto ha portato la soluzione per Triste, solitario y final ”. Soriano tenne lo stile del racconto anche negli articoli che scrisse per il manifesto non solo durante i mondiali del ’90, quando si stabilì a Roma e frequentava quotidianamente la redazione, ma anche negli anni successivi, quando era tornato a Buenos Aires dopo la fine della dittatura, oppure quando tornava sulle vecchie tracce a Parigi, altra città dove aveva vissuto esule ramingo. Ecco cosa scrisse dalla capitale francese sul manifesto del 27 agosto del 1995, in un articolo intitolato Santi e Ribelli:” Trovandomi a Parigi per i sessant’anni della morte di Carlitos Gardel, sono più che convinto che qualche volta debba essersi incrociato con Emingway, André Breton e Picasso. Forse a La Couple di Montparnasse o nei caffè della Place de Clichy. O forse nel Ritz dove andava a chiedere soldi a Madame Wakerfield, la grassona che finanziava i suoi film”.
Era appassionato di calcio Soriano, fin da bambino, e quando con le pallonate contro il muro di casa esasperava sua madre, che in preda all’ira minacciosa compariva sull’uscio, il piccolo Osvaldo trovava rifugio sicuro sui rami dell’albero davanti a casa, aspettando appollaiato in attesa che l’ira materna scemasse. Sul campo di gioco non era un grande talento, come ricorda il suo amico d’infanzia Pepe Santos: “ A calcio giocava male, aveva le gambe storte, ma aveva un tiro fortissimo “. Durante l’esilio parigino, non mancava di informarsi delle sorti del San Lorenzo de Almagro, la squadra argentina per la quale tifava, la stessa di Papa Francesco, tanto che lo scrittore argentino Osvaldo Bayer lo prendeva in giro perché un ateo come Soriano tifava una squadra che aveva per nome quella di un santo. Dalla capitale francese telefonava in Argentina spendendo fior di quattrini pur di sapere dagli amici i risultati delle ultime partite del San Lorenzo. Lamentava, in una missiva a Giovanni Arpino, che l’Alianza Anticomunista Argentina si era impadronita del San Lorenzo de Almagro nella cui sede avevano nascosto un vero e proprio arsenale di armi. Al suo amico scrittore, in pena per la cattiva sorte in cui versava il Torino, Osvaldo Soriano consigliava l’acquisto di un giovane calciatore:” Gli amici mi dicono che in un piccolo club di Buenos Aires, l’Argentinos Juniors, c’è la salvezza del Torino. Si chiama Diego Armando Maradona, ha 18 anni ed è il più grande giocatore (anche se è basso di statura) degli ultimi 30 anni, costa credo 5 milioni di dollari. Se il Torino ha quei soldi è salvo. Poi non dite che non vi avevo avvertito”. Quel ragazzo divenuto anni dopo icona del calcio mondiale, capace di muovere miliardi di lire in Italia e nel resto del mondo, Soriano lo incontrò insieme a Gianni Minà anni dopo a Napoli, durante il mondiale del ’90, vi trascorsero insieme un’intera serata. Maradona cadde nella trappola della cocaina, come rilevò il laboratorio antidoping ai mondiali del 1994 che si disputarono in America. Usato e spremuto, Maradona fu delegittimato da coloro che l’avevano esaltato perché tenesse in piedi il grande circo del calcio. Così scriveva Soriano sul manifesto alcuni mesi dopo quella tragedia in un articolo intitolato La solitudine di Maradona:” Maradona è un tipo intelligente. Sa che il suo ruolo può avere anche momenti si sconforto. Attorno alla telenovela si muove molto denaro e buona parte di esso cade nel portafoglio. Prima o poi, come avviene nel Tango, bisogna pagare. E non c’è modo di farlo schivandosi o usando i colpi di fucile. L’unica moneta che accettano – ah- è il dolore”. Tornato in Argentina scriveva sul manifesto che nonostante non ci fosse più Videla, la situazione politica non era cambiata di molto, si continuava a votare i potenti, gli stessi che “ consigliavano al popolo di imparare a giocare a golf ”.
A venti anni dalla morte che cosa resta in Italia di Osvaldo Soriano? In tanti, troppi, citano come espressione comune il titolo di quel suo fortunato libro Pensare con i piedi, a cominciare da certi dirigenti di sinistra, come Walter Veltroni, che di Soriano si sono dimenticati in fretta, fino ai chiassosi animatori di trasmissioni sportive televisive del Bar Sport Italia. Dovremmo rileggere i suoi libri, occasione per cogliere un personaggio, che nonostante i lunghi anni vissuti lontani dall’Argentina e dagli affetti famigliari, perché antifascista e perseguitato da Videla, ha saputo vivere con dignità e spirito libertario. Soriano amava la vita, in particolare quella notturna, il fumo, il buon cibo, il vino, anche quello a buon mercato. Amava scrivere con ironia, non lasciandosi mai andare al compiaciuto narcisismo di tanti scrittori di oggi. Nei suoi racconti c’erano sempre personaggi popolari e nei suoi articoli non mancava mai lo sguardo agli ultimi, gli oppressi di sempre. Una vita breve, quella di Osvaldo Soriano, che si è spenta a 54 anni.

A vent’anni dalla scomparsa di Osvaldo Soriano, sognatori, ribelli, fuggitivi, sbandati, attori, poeti e cantori del calcio, si ritroveranno il 22 luglio del 2017 a Portopalo di Capo Passero, in provincia di Siracusa, dove si svolgerà il primo festival di letteratura dedicato a Osvaldo Soriano, organizzato e diretto da Sergio Taccone . Amici, estimatori e anche coloro che non l’hanno conosciuto di persona, animeranno la giornata per analizzare l’opera letteraria di Osvaldo Soriano. Non mancheranno musica, reading, mostre e ospiti di livello internazionale, che parleranno della figura di Osvaldo Soriano.