Mentre nelle settimane precedenti si consumava la querelle tra Messi e il Barcellona, per un approdo ultra milionario dell’asso argentino sul rettangolo verde della Premier inglese, in Italia è uscito un libro di Osvaldo Bayer (1927-2018), scrittore, storico e sceneggiatore che ha raccontato la storia dell’Argentina del ‘ 900 attraverso le lotte operaie. Bayer è convinto che il calcio sia il riflesso della vita sociale di un Paese e che le categorie dell’analisi storica si possano applicare anche alla storia del calcio. In Italia lo hanno fatto due storici del movimento operaio e del movimento comunista internazionale Stefano Agosti e Giovanni De Luna con Juventus (Utet) la storia della squadra bianconera che diventa storia operaia, politica e sociale di Torino e dell’Italia.
Osvaldo Bayer, ha scritto sulle lotte operaie e sul ruolo liberatorio svolto dai proletari in Argentina nel secolo scorso. Dopo il colpo di Stato di Videla nel 1976 si rifugiò in Germania, e gli aguzzini della sanguinosa dittatura militare, bruciarono nelle piazze la sua opera più famosa Patagonia rebelde, ancora oggi un classico della storiografia argentina e diventato un celebre film nel ’74 di retto da Héctor Olivera.

Contattato da una casa di produzione nel 1989 per una sceneggiatura sul calcio argentino dalle origini a Maradona, Osvaldo Bayer sulle prime rifiutò, ma poi la sua mente ritorna a quella proposta. Nacque così Fútbol. Una storia sociale del calcio argentino che le edizioni Alegre hanno avuto il merito di tradurre e pubblicare con la prefazione di Osvaldo Soriano. Il libro è una sintesi della sceneggiatura del documentario realizzato da Osvaldo Bayer Fútbol Argentino.

I genovesi
Fin dalle prime pagine colpisce la presenza degli italiani nelle origini del calcio argentino. Erano i figli della prima emigrazione di fine ‘800, i genovesi di Boccadasse che daranno il nome alla Boca il quartiere di Buenos Aires, fonderanno il River Plate tra marinai, carpentieri navali e operai calafatori con cognomi criollos, ma sul lavoro s’intendevano meglio con lo xeneize, il dialetto di Genova. Erano i ragazzini che rincorrevanono il pallone tra le baracche delle periferie nei quartieri Palermo e Abasto.

Guevara tifoso
Il calcio arriva nell’entroterra argentino grazie alle ferrovie, infatti nasce il Central Argentine Railway Athletic, oggi noto come Rosario Central del quale è stato acceso tifoso Ernesto Che Guevara. Il Rosario vinse lo scudetto nel 1971, quattro anni dopo la morte del Che e mancava dall’albo d’oro dal 1939.
La storia del calcio argentino scritta da Bayer è la storia del movimento operaio. Lo scrittore ci ricorda che la prima squadra con una tifoseria operaia è stata il Racing, fondata dagli inglesi colonizzatori. Nel 1919 vi fu una domenica senza calcio quando l’esercito represse nel sangue la rivolta degli operai delle officine Vasena, per una settimana le strade di Buenos Aires furono teatro degli scontri.

Bayer ricorda l’impresa del Chacarita, che vinse lo scudetto nel 1969. La squadra fondata da un gruppo di anarchici trovò il terreno di gioco, dove poi fu costruito lo stadio, solo di fianco a un cimitero, di qui il nome di «funebreros» dato ai suoi tifosi. Nel 1948, poi nel 1971 e nel 1975 il calcio argentino si fermò a lungo, in ballo vi erano la rivendicazione del contratto collettivo e il diritto alla mutua, rivendicato soprattutto dai calciatori delle squadre piccole. Allo sciopero, in particolare quello del ‘75 aderirono anche i grandi calciatori e alla fine la spuntarono.

Il pianto di Soriano
Il libro racconta del San Lorenzo de Almegra, la squadra di Osvaldo Soriano e di papa Francesco. All’autore di Pensare con i piedi (Einaudi), la raccolta di racconti sul calcio, alcuni dei quali scritti nella redazione del manifesto dove lavorò nel 1990 in occasione dei mondiali di calcio svoltisi in Italia, Bayer chiede di parlare della sua squadra. Soriano era in Francia, dopo essere vissuto per qualche tempo a Bruxelles, dove si era rifugiato perché dopo il colpo di Stato dei militari nel 1976, il suo nome risultava su due liste degli squadroni della morte di Videla.

Soriano parla del dramma che visse il giorno della retrocessione in serie B della squadra: «Quando il San Lorenzo retrocesse io ero obbligato a vivere a Parigi… Piansi tanto quanto il giorno in cui morì mio padre, ma nessun francese poteva capire quella sofferenza così poco cartesiana. Nel momento in cui la partita finiva, chiamai un amico del quotidiano Clarìn per saper il risultato. Così ebbi la sensazione che un’altra cosa cara, il San Lorenzo della mia infanzia, se ne andava, mi abbandonava, mi esiliava ancora un poco di più. Fu un anno triste quello del San Lorenzo in serie B, 1982, con i milicos, gli sbirri, per strada e la guerra delle Malvinas. Non ho mai dimenticato l’attaccante Delgado e posso immaginare cosa deve aver provato quando sbagliò il rigore, ma non so se lui ha mai potuto pensare a quel che ho patito io».

Nella sua testimonianza Soriano sintetizza la vita di esule, il dramma della squadra in serie B, la figuraccia internazionale della giunta fantoccio Videla, che dopo aver dato l’assalto alle Malvinas battono in ritirata, non prima di aver mandato verso la morte migliaia di giovani militari argentini. La storia sociale e politica argentina si impasta con i mondiali di calcio vinti nel 1978, che tanto giovò ai golpisti.

Calcio socialista
Quella di Soriano è una storia simile al calciatore basco Isidoro Làngere, che lasciò la Spagna dopo la guerra civile scatenata da Francisco Franco nel 1939 contro i repubblicani del fronte democratico, che si opposero con tutte le forze al caudillo, aiutato militarmente da Mussolini e Hitler.
Bayer ci ricorda che il calcio è «un gioco capitalista, perché richiede sempre il rendimento, l’affanno di vincere, la superiorità. Un gioco socialista, perché c’è bisogno dello sforzo di tutta la squadra, del mutuo aiuto per ottenere il trionfo, ossia una vita migliore». A quando anche in Italia una storia operaia, politica e sociale del nostro calcio scritta con la leggerezza delle pagine di Fútbol?