Riuscire nell’intento di raccontare la figura di Frank Sinatra, significa mettere a fuoco lo sguardo davanti ad una luce accecante oltre la quale è poi possibile ricostruire le dinamiche di un mondo sfavillante e drammatico fatto di talenti straordinari, visioni utopiche e al tempo stesso di loschi affari, tragedie e nostalgie strazianti. Non siamo negli anni del cinema muto, ma di sicuro Frank Sinatra rappresenta per il mondo del sonoro l’apice, una Babilonia in cui tutto sembrava possibile.

UNA PAZZESCA festa senza fine che a differenza di quello che mostra sfacciatamente Damien Chazelle in Babylon per il muto, non visse di una notte soltanto, ma di una resistenza e di un’ossessione che porta direttamente dalle classifiche e dalla fama ad una memoria collettiva diffusa e sostanzialmente perenne. Frank Sinatra (Feltrinelli) di Luca Cerchiari, tra i massimi esperti di musica americana è oltre che una raffinata analisi della carriera musicale di Sinatra anche l’occasione di vedere cosa «The Voice» ha rappresentato per la cultura americana, italoamericana e occidentale. Attraverso la sua carriera è possibile infatti intercettare tutti i punti nodali del Novecento a dimostrazione di come certamente lo star system fosse parte di una strategia di propaganda e diffusione culturale statunitense, ma anche che, più banalmente quel grande e irripetibile star system fosse tutto da costruire.La trasversalità che da crooner lo portò a diventare star cinematografica
Sinatra fu uno dei principali attori della messa in scena di quel mondo, al punto da assumersene anche il ruolo di guida, proprio per la trasversalità che da crooner lo portò a divenire anche una star cinematografica globale. Un divo che andava oltre le proprie incredibili qualità di cantante, proiettandosi in una posizione, quella del performer che diverrà, anche dopo di lui, fondamentale e alla base del mondo dello spettacolo contemporaneo. Un superamento dei confini non solo artistici, ma anzi soprattutto sociali che lo vedrà protagonista insieme a molti altri italoamericani in una posizione inedita per la società americana.

NON SOLO, anzi quasi mai, espressione di una minoranza, ma di una maggioranza diversa, nuova e vibrante. Un gioco abile di inclusione, ma anche di esclusione che Sinatra gestisce con legami politici, affaristici e anche con la criminalità organizzata. Un misto che crea un alone inquietante attorno alla sua figura senza però mai offuscarne il ruolo di divo pubblico. Il volume di Cerchiari racconta in cinque capitoli che sono cinque veri e propri movimenti, l’ascesa e le contraddizioni di «Blue eyes». Un racconto che non trascura mai gli aspetti musicali evidentemente al cuore della vicenda di Sinatra, ma li affianca (in maniera mai accessoria) a un percorso biografico e storico.

INFINE un ricchissimo apparato discografico e bibliografico (ricchissimo e ottimamente organizzato) completano un testo straordinario e fondamentale per comprendere appieno una figura a tratti certamente divisiva, ma che resta unica e che ancora oggi risplende di un’aura inimitabile. Sinatra non spiega gli Stati uniti (e nemmeno viceversa) perché ne è parte totalmente integrante. Così come è parte di un sogno che è al tempo stesso riuscito e clamorosamente fallito. Resta però scintillate il talento, libero da una lotta durissima e infinita che vedeva davanti a lui solo amici o nemici. Una lotta che fu tutta maschile e maschilista in quella sua ossessiva mania di controllo da fine corsa. Esemplare unico di un Novecento che fu sognante utopia, ma anche brutale violenza.