Era necessario che in Lombardia si arrivasse a 4.000 positivi in un giorno perché la Regione decidesse di riattivare la cattedrale nel deserto dell’ospedale in Fiera a Milano. Costato quasi 19 milioni di euro (dei 21 ricevuti in donazione da privati) era rimasto “a mezzo servizio” per mancanza di personale già nei mesi dell’emergenza. Ora, che la recrudescenza del virus non è più una previsione ma un dato, come nel “giorno della marmotta” si ripropone lo stesso problema: i posti (pochi) ci sono ma il personale sanitario manca, come già appurato dal primo bando regionale, aperto mesi fa e andato deserto.

La situazione, in particolare a Milano, è preoccupante: 1.858 nuovi positivi solo nelle ultime 24 ore. Tra i medici circola insistentemente la voce che le terapie intensive, non solo del capoluogo, siano occupate per i 2/ 3 e che alcuni ospedali abbiano iniziato a spostare parte dei pazienti in altre strutture. In questo scenario, dal quale pare di capire che Fontana e Gallera non abbiano imparato la lezione di marzo, arriva in soccorso a Milano l’ospedale allestito dagli Alpini a Bergamo, prossimo alla riapertura. La coperta, però, resta corta: senza medici e infermieri, i posti che saranno attivati alla Fiera di Milano restano un inutile tentativo di metterci una toppa. Che farà il Pirellone, allora. Potrebbe dover reclutare i sanitari in altri ospedali. Non dal Policlinico, viste le necessità del nosocomio milanese. Forse da terapie intensive, con uno o al massimo due posti, in piccoli ospedali del territorio, che verranno chiuse temporaneamente per poter dirottare i medici altrove. Ma l’ipotesi non piace agli interessati, preoccupati per il depotenzianento delle strutture.

Nonostante gli annunci, comunque, la road map di Fontana & co. per la riapertura è ancora oscura. Nel frattempo, “in trincea” – come la chiamano loro – i medici sono allo stremo. «Demoralizzati» come truppe guidate da generali incapaci.