Ora Lorenzo Orsetti riposa alle Porte Sante, accanto alla Basilica di San Miniato al Monte, nel cimitero che raccoglie le spoglie dei fiorentini che hanno lasciato un segno nella storia. E anche nell’ultimo saluto a Orso, ucciso in una imboscata il 18 marzo scorso, mentre con alcuni compagni kurdi dell’Ypg era impegnato nella liberazione delle ultime zone rimaste sotto controllo di Daesh in Siria, la partecipazione di popolo è stata imponente.

Alla camera ardente, allestita nella giornata di domenica nella storica Società di Mutuo Soccorso di Rifredi, nel quartiere dove Lorenzo era cresciuto, migliaia e migliaia di donne e uomini di ogni età, arrivati da ogni parte della penisola e anche dall’estero, hanno fatto ordinatamente la fila, sotto lo sguardo attento del rappresentante dei kurdi in Toscana, Erdal Karabey, e dei suoi compatrioti. Per salutare, e in cuor loro ringraziare, Tekoser, il lottatore, così come lo avevano chiamato le compagne e i compagni kurdi. Pronti a combattere, e anche a morire, per estirpare il cancro del cosiddetto “stato islamico”.

«Sono contento di questa partecipazione – ha commentato il padre, Alessandro Orsetti, dopo aver letto una lettera dei compagni rimasti in Siria – perché è il segnale che Lorenzo è un buon esempio, una persona che è vissuta e morta per certi ideali, ma che non spunta dal nulla: c’è un movimento, una società civile che ha accompagnato la sua formazione, in Italia e nei territori curdi in Siria del Rojava. Per me è una gioia vedere tanta gente qui vicino a lui».

All’interno della Sms di Rifredi, sulla bara di Orso ben visibili le bandiere dell’Ypg e dell’Anpi, a testimoniare una volta ancora la natura resistente di un giovane di 33 anni che, come ben spiegato dai genitori, «non era andato a esportare la democrazia, era andato a difendere la democrazia». E lo aveva fatto sapendo bene a cosa sarebbe potuto andare incontro. Tanto da lasciare una lettera-testamento nella quale aveva ricordato: «Ogni tempesta nasce da ogni singola goccia».

Ad abbracciare i genitori, la sorella, la nonna e gli altri familiari di Orso, fra i tanti, i neo consiglieri comunali della Sinistra, Antonella Bundu e Dmitrij Palagi, l’ex capogruppo Tommaso Grassi, Tommaso Fattori di Toscana a Sinistra e Massimo Torelli. Sul fronte istituzionale, il sindaco Nardella ha delegato la sua vice Cristina Giachi a salutare Orso alle Porte Sante. Mentre l’appena eletto presidente del consiglio comunale, il metalmeccanico Fiom, Luca Milani, ha esteso a Tekoser il ricordo fatto dall’assemblea del popolo alla partigiana Liliana Benvenuti e a Franco Zeffirelli.

Le parole più toccanti sono comunque arrivate dal consigliere Palagi, segretario fiorentino del Prc: «Orso era in Siria perché aveva trovato nella rivoluzione kurda la cosa più vicina ai suoi ideali di libertà, antifascismo, uguaglianza, rispetto. Perché credeva che ognuno di noi deve fare la sua parte, se vogliamo costruire una società dove questi ideali non siano altro che parole vuote. E lui la sua parte ha avuto il coraggio di farla, sostenendo la rivoluzione nata dal Pkk in Turchia ed oggi difesa anche in Rojava da migliaia di compagni e compagne kurdi, arabi, assiri, ezidi e da centinaia di altri internazionalisti come lui. La sua morte ci ha colpito. Ma come lui stesso ha scritto, non possiamo cedere alla tristezza e alla rassegnazione».