Secondo il portale di informazione Index, 1.500 persone hanno partecipato alla manifestazione di protesta svoltasi a Budapest lunedì per la visita di Putin nella capitale ungherese. «No alla Russia, sì all’Europa» il principale slogan della dimostrazione che ha preceduto di un giorno l’incontro tra le autorità ungheresi e il leader russo. Una visita contestata dall’opposizione magiara in quanto segno di un ulteriore avvicinamento del governo di Viktor Orbán alla Russia di Putin in una fase molto delicata del conflitto ucraino.

Per il capo del Cremlino è un’occasione importante visto che viene ricevuto da un paese dell’Unione europea nonostante le sanzioni comunitarie nei confronti di Mosca. La settimana scorsa, fonti ufficiali ungheresi avevano annunciato la centralità dei temi energetici negli incontri svoltisi ieri a Budapest. Secondo il ministro degli esteri Péter Szijjarto l’obiettivo del governo è una cooperazione con la Russia sulla base di un partenariato pragmatico al fine di concludere accordi necessari alla sicurezza energetica del paese. Così le autorità magiare hanno sottolineato l’impegno delle parti a rinnovare il contratto decennale, in scadenza quest’anno, per l’approvvigionamento del gas naturale in Ungheria e a occuparsi dell’accordo concluso da Orbán a Mosca, l’anno scorso, in ambito nucleare. L’intesa prevede la costruzione, da parte russa, di due reattori destinati ad aggiungersi ai 4 in funzione nella centrale di Paks con un credito russo di 10 miliardi di euro.

L’opposizione di centro-sinistra critica la scelta nucleare fatta dall’esecutivo che accusa di aver messo il paese di fronte al fatto compiuto senza aver dato luogo a un dibattito pubblico preventivo e di aver accentuato la sua dipendenza da Mosca in ambito energetico. Per essa l’avvicinamento del governo alla Russia di Putin allontana il paese dall’occidente democratico e dai valori europei. I buoni rapporti tra Orbán e il presidente russo sono visti con inquietudine da Bruxelles e irritano gli Usa che negli ultimi mesi dell’anno scorso hanno accentuato le critiche nei confronti del governo ungherese. Critiche rivolte a un sistema definito autoritario e antidemocratico che trae vantaggio dall’appartenenza all’Ue e alla Nato del paese da esso rappresentato e non rispetta i valori delle società occidentali. Alle critiche americane il ministro degli esteri Szijjarto aveva risposto che Washington è male informata su quanto avviene in Ungheria. Dal canto suo Orbán ritiene ormai superato il liberalismo e pensa che una democrazia non debba essere necessariamente liberale.

Su questo il primo ministro ungherese e Angela Merkel hanno avuto uno scambio in occasione della visita ufficiale che la cancelliera tedesca ha effettuato a Budapest all’inizio di febbraio. Per la Merkel la democrazia non può essere che liberale, per il suo omologo ungherese le due cose non vanno necessariamente associate dal momento che oggi solo le «democrazie illiberali» come quella ungherese hanno dimostrato di essere le uniche in grado di dar luogo al taglio coatto delle bollette del gas e della corrente elettrica né potrebbero imporre alle banche di risarcire i loro clienti gravati da mutui a condizioni inaccettabili. «Il linguaggio politicamente corretto così apprezzato in Occidente ci costringe a inutili tabù» aveva detto Orbán l’anno scorso a un raduno del partito Kdnp alleato del suo Fidesz.

Così il capo del governo ungherese menziona la Russia di Putin come esempio di un sistema che funziona e che risulta essere perfettamente in grado di tenere le redini del paese da esso governato. Una visita, quella di ieri, avvenuta, si diceva, in una fase delicata del conflitto ucraino. Nelle scorse settimane Orbán aveva affermato che l’Ungheria è per la pace e non sosterrà nessun comportamento o tendenza che possano alimentare il conflitto e che non appoggerà l’Ucraina con le armi.