È sempre più un Orbán alla ricerca dei consensi perduti quello che ultimamente gira l’Ungheria facendo dichiarazioni sulla necessità di migliorare l’ordine pubblico e la sicurezza del paese. Martedì scorso il primo ministro si è espresso pubblicamente in modo favorevole al ripristino della pena capitale. Ciò è avvenuto nel corso di una conferenza stampa durante la quale Orbán ha risposto a domande riguardanti il brutale omicidio avvenuto alcuni giorni fa presso la città di Kaposvár (Ungheria sud-occidentale). Vittima, riferiscono fonti locali, una giovane accoltellata nel corso di una rapina. Prendendo spunto da questo grave episodio il primo ministro ha affermato che le leggi attualmente in vigore nel paese non scoraggiano in modo efficace la criminalità.

Per questo, a suo modo di vedere, occorrerebbe riconsiderare l’opzione della pena di morte.

Oggi l’unico partito ungherese dichiaratamente favorevole al ritorno del boia è Jobbik, ma occorre considerare il fatto che, secondo recenti sondaggi, la maggior parte dell’opinione pubblica magiara è di questo parere per punire almeno i crimini più efferati.

Budapest aveva abolito la pena di morte negli anni ’90, contestualmente alla richiesta di adesione al Consiglio d’Europa e all’Unione europea e va sottolineato il fatto che quelle fatte da Orbán sono le dichiarazioni del primo ministro di un paese membro di una comunità di stati che respinge nel modo più assoluto l’adozione della pena capitale.

Come già precisato, il partito del primo ministro ha perso consensi. Lo dimostrano, tra l’altro, le due sconfitte elettorali recentemente subite dal suo Fidesz, l’ultima delle quali a Tapolca, (Ungheria nord-occidentale) a favore di Jobbik che diversi ungheresi cominciano a non vedere più come un soggetto politico estremista. La qual cosa è dovuta all’operazione “rispettabilità” portata avanti dai vertici del partito che evitano, con un lavoro di facciata, le dichiarazioni radicali e abbassano i toni per ampliare il consenso. Per Gábor Vona, presidente di Jobbik, quello di Tapolca è stato un successo storico caratterizzato dalla “sconfitta dell’arroganza del potere e della corruzione sistematica del partito guidato dal primo ministro”. Alle politiche dell’anno scorso quest’ultimo ha perso voti rispetto al 2010 e a fine febbraio ha perso la maggioranza parlamentare di due terzi con la quale aveva potuto governare a lungo in maniera pressoché incontrastata.

Ora il primo ministro cerca di recuperare i consensi perduti a causa dei recenti scandali e di quella che l’opposizione definisce gestione clientelare e antidemocratica del potere, e appare chiaro che le sue dichiarazioni sul tema dell’ordine pubblico fanno parte di una strategia concepita per la ripresa del governo.

Ultimamente Orbán si è più volte espresso in modo negativo sul tema dell’immigrazione e nei giorni scorsi ha dichiarato alla radio pubblica che l’Europa non ha bisogno di immigrati provenienti dai paesi del Terzo Mondo e che sono necessarie regole più ferree per gestire il problema. Nella circostanza ha anche annunciato una consultazione nazionale per chiedere agli ungheresi la loro opinione sull’argomento. Il questionario che questi ultimi riceveranno sarà caratterizzato da quesiti quali “è opportuno che gli immigrati provenienti da paesi del Terzo Mondo vengano accolti nel nostro paese?“ e ancora “gli immigrati costituiscono un pericolo per le possibilità di lavoro degli ungheresi?”

Secondo quanto annunciato, le domande saranno dieci e sembra che una di esse stabilisca un legame diretto tra l’immigrazione e il terrorismo. Per Orbán, che di recente ha definito l’immigrazione un fenomeno negativo dal punto di vista economico, le politiche con le quali gestire il problema devono essere nazionali e non di carattere comunitario visto che, a suo parere, la politica europea sull’emigrazione è fallita.
A queste dichiarazioni si è aggiunta quella sulla pena capitale che l’opposizione di centro-sinistra ha condannato per il suo contenuto e come nuova iniziativa volta a ottenere il favore degli estremisti.