I volti di George Soros e di Jean-Claude Juncker, colti nell’atto di ridersela di gusto alle spalle di noi poveri cittadini europei, dovrebbero sparire dalle strade d’Ungheria il 15 marzo. Così almeno hanno annunciato le autorità di Budapest incalzate dalle critiche del Ppe per la loro campagna dai contenuti antieuropei. Soros e Juncker vengono indicati dal governo all’opinione pubblica ungherese come principali responsabili dell’immigrazione incontrollata che, secondo il governo Orbán mette a rischio la sopravvivenza dell’Europa e della sua identità «cristiana».

«Anche lei ha il diritto di sapere cos’ha in serbo Bruxelles», si legge su questi cartelloni presenti sui muri e sulle strade del paese. La critica orbaniana alla politica comunitaria è nota e accusa la Commissione europea di favorire il fenomeno migratorio, di non porsi il problema della difesa dei confini di Schengen e di dare soldi ai migranti con carte di credito. Tutto denaro che sarebbe sottratto alle famiglie ungheresi e a quelle degli altri paesi europei, secondo il premier magiaro che ritiene opportuno intervenire contro questa aberrazione. «Sono pronto a confrontarmi con chiunque su questo argomento», ha risposto Orbán alle critiche del Ppe che si sono trasformate in un ultimatum pronunciato da Manfred Weber, candidato di punta del partito alle europee.

Critiche che mirano a ottenere dal leader magiaro la fine immediata della campagna anti Ue e la possibilità per la Cue (Central European University) di restare a Budapest. Il partito governativo Fidesz ostenta la sicurezza di chi non ha intenzione di farsi intimidire e respinge ufficialmente l’«aut aut» che lascerebbe intravedere la possibilità di un’espulsione del Fidesz dal Ppe. «Non cederemo su nulla. Per noi la difesa dei valori europei e il blocco dell’immigrazione contano più della disciplina di partito del Ppe», ha dichiarato Balázs Hidvéghy, portavoce della forza politica leader ungherese.

Come dire, via i cartelloni dal 15 marzo, va bene, ma il nostro impegno a salvare l’Europa cristiana dai migranti musulmani continua. Orbán si dice pronto ad ascoltare l’opinione di tutti su questo tema, anche quella di Weber, ma esclude la possibilità di rinunciare alla visione di un’Europa degli europei, fatta di nazioni pienamente sovrane e non più sottoposte ai diktat della «tecnocrazia di Bruxelles». Weber vorrebbe poi che Orbán chiedesse pubblicamente scusa ai colleghi ma l’eurodeputato del Fidesz Tamás Deutsch sostiene che il premier non deve scusarsi in quanto sta solo dicendo la verità sull’immigrazione che è un tema chiave delle prossime elezioni europee.

I dirigenti del Fidesz sentono che all’interno del Ppe cresce l’ostilità nei confronti del loro partito ma ritengono che espellerlo sia poco sensato in quanto sottolinea i rischi di un’immigrazione incontrollata in sintonia con molti in Europa. Insomma, le autorità ungheresi fanno intendere che per loro la salvaguardia dell’Europa è più importante della permanenza del Fidesz all’interno del Ppe, ma contemporaneamente molti osservatori ritengono che l’obiettivo di Orbán sia quello di restare nel Partito popolare europeo e spostarne l’asse politico a destra, in senso nazionalista, con l’aiuto di altre forze politiche attive sul fronte del cosiddetto sovranismo. Del resto Deutsch smentisce le voci circa presunti accordi segreti fra il Fidesz e altri gruppi del Parlamento europeo.

Le critiche al governo per la sua campagna e per la politica che porta avanti da anni, piovono anche sul fronte interno e provengono da un’opposizione sempre frammentata. Per Jobbik il suo operato sta portando il paese alla rovina, per i socialisti l’eventuale espulsione del Fidesz dal Ppe comporterebbe l’inizio della fine di Orbán nel lungo termine. Al momento, però, il leader magiaro ostenta sicurezza e vede le elezioni europee come la resa dei conti con quelle forze liberali che vorrebbero riempire l’Ue di immigrati ai danni di noi, poveri cittadini europei.