Dopo la carota, il bastone. All’indomani dell’apertura di credito fatta alla Fiom, dopo la sentenza della Consulta, Sergio Marchionne ritira i remi in barca e dimostra che non è affatto disponibile a cedere al sindacato guidato da Maurizio Landini. Nel corso di un incontro a Torino con i firmatari del contratto di gruppo – quindi ancora una volta senza i metalmeccanici Cgil – l’amministratore delegato della Fiat ha annunciato un nuovo investimento di un miliardo su Mirafiori, dove verrà prodotto il Suv della Maserati. Subito dopo, l’affondo: in un comunicato congiunto con Fim, Uilm e gli altri firmatari, e successivamente in una lettera scritta di suo pugno e indirizzata ai dipendenti, ha invitato tutti i lavoratori a confermare la loro fiducia nel contratto e ha chiesto ancora una volta alla Fiom di abbandonare le riserve e aderire.

La Fiom, dal canto suo, non abbassa le penne, e replicherà questa mattina con una conferenza stampa di Landini a Torino. La notizia del miliardo di Mirafiori, seppure definita come «positiva», non soddisfa il sindacato: i lavoratori continueranno a fare cassa, spiegano alla Fiom, e un modello non basterà per far andare a pieno regime uno stabilimento che nel piano del 2010 (il celeberrimo «Fabbrica Italia») avrebbe dovuto gestirne almeno due. Quindi ancora una volta, l’accusa a Marchionne di non rispettare i suoi passati annunci, e una nuova richiesta al governo di convocare un tavolo sull’auto.

Scrivendo ai dipendenti, Marchionne spiega che quello attuale è un momento «in cui è necessario prendere decisioni coraggiose»: perché la Fiat si è ripresa rispetto a quel 2004 in cui lui stesso arrivò al timone («era sull’orlo del fallimento») e poi ha dovuto affrontare la grande crisi, quella iniziata nel 2008, che ha ridimensionato i programmi ambiziosi ipotizzati inizialmente. Ancora, l’ad Fiat spiega che a fine 2013, a causa della debolezza del mercato europeo, quattro big dell’auto «Fiat, Psa Peugeot-Citroen, Ford e General Motors, chiuderanno con perdite di 5 miliardi di euro». Allora è importante che ci si rimbocchi le maniche.

Ai dipendenti, Marchionne chiede di «continuare a tenere fede agli impegni presi nel contratto, nonostante la mancanza di certezze normative che si è creata a seguito della recente pronuncia della Consulta. Abbiamo invocato a lungo quelle certezze, ma ci siamo resi conto che purtroppo non sembrano destinate ad arrivare in tempi brevi. Noi non possiamo più permetterci di aspettare. E non potete farlo neppure voi». Il contratto, «sottoscritto dalla maggioranza dei sindacati che vi rappresentano, e i referendum con cui avete scelto di condividere i nostri progetti di rilancio e andare verso un futuro di modernità ed eccellenza, sono le uniche cose che ci servono ora».

A fronte di questo impegno, Marchionne elenca i prossimi investimenti: a Mirafiori, dove però oltre al miliardo investito chiede la proroga della cassa; a Pomigliano («abbiamo trasferito la produzione della Panda dalla Polonia e creato un impianto modello»;, a Melfi (altro miliardo di euro investiti per la 550X e una Jeep) e a Grugliasco (oltre un miliardo per Maserati 4porte e Ghibli). Quindi l’invito, ma questo inserito nel comunicato congiunto con i sindacati, alla Fiom di accettare le regole basilari della democrazia industriale, aderendo ad un contratto firmato dalle organizzazioni sindacali largamente maggioritarie in Fiat».

La Fiom risponde a tono: «Dalle dichiarazioni stampa dei sindacati firmatari, anche se nella nota congiunta non se ne trova traccia, Mirafiori passa da due modelli, annunciati nel 2010 da Fiat, a un solo modello per la cui realizzazione ci sarebbe bisogno di ulteriore cig, senza certezze sul futuro. Continuiamo a ritenere urgente che il governo convochi un tavolo».