Il futuro presidente del consiglio sarà dunque l’avvocato Giuseppe Conte, devoto di padre Pio e benvoluto in Vaticano, salito ieri al Quirinale sulla scia dall’ingombrante curriculum che ne ha rumorosamente anticipato la chiamata al Colle. Scandagliare la vita di chi si candida alla cosa pubblica, non è una cattiva abitudine. Anche mettendo nel conto le performance non sempre convincenti dei neofiti della pubblica morale. È bene sapere chi abbiamo di fronte specialmente quando ad affacciarsi al timone del governo è un tecnico catapultato nel ruolo di guida politica del paese.

Una cosa, importante, però, non ce la può dire il curriculum: il tecnico Conte sarà al servizio di due partiti che tirano i fili di tutto. Sia del futuro consiglio dei ministri, sia del parlamento se le assemblee parlamentari saranno trattate come esecutrici del contratto di governo.

Dopo il lungo colloquio con Mattarella, in una breve dichiarazione, il presidente incaricato ha fatto proprio «il governo di cambiamento formato su un contratto a cui ho contribuito e che rappresenta in pieno la domanda dei cittadini». Rivendicando poi le sue prerogative costituzionali e promettendo di voler essere «l’avvocato difensore di tutti gli italiani».

Nel recente passato ha voluto sottolineare di avere idee di sinistra. Vedremo, quando si insedierà a palazzo Chigi, in che modo le potrà conciliare con l’estrema destra leghista, pronta a gestire una grossa fetta di potere romano.Quello che si prepara non sarà il governo più a destra della storia, proprio perché la storia ce ne ricorda altri.