Il Fereggiano no, è troppo, «ma questo è matto!». Marco Travaglio sbotta, «non sono mica un ingegnere idraulico, io…», e da lì è un crescendo, con il giornalista che se la prende anche con un ragazzetto, un giovanissimo «angelo del fango» che osa un «forse lei non conosce la realtà» di Genova, e poi si riscaglia contro il presidente della Liguria Claudio Burlando e i suoi trent’anni di «porcate».

Tutta colpa di quella domanda troppo difficile, Burlando chiede all’editorialista di Servizio Pubblico cosa ne farebbe del torrente esondato con il Bisagno, il Fereggiano appunto, «lo lascerebbe lì o lo devierebbe?» e a lui saltano i nervi. E’ una delle interpretazioni a caldo che riempiono subito i social – «bravo Travaglio» o «era ora» – della lite in diretta tra il condirettore del Fatto e Michele Santoro. Con il conduttore che dice no, quando si arriva agli «insulti» è il momento di dire «basta, Marco, ora basta», e Marco allora me ne vado, «siete tutti matti», e va. Altra versione quotata soprattutto tra i non santoriani (o decisamente anti): sceneggiata studiata a tavolino dalla collaudata coppia per sollevare gli ascolti, dimezzati rispetto alla scorsa stagione in tempi di crisi verticale del talk show, che non risparmia nemmeno il grande mattatore (anche giovedì sotto il 6%).

Ma un particolare della scenata in tele-piazza rivela che la coppia è effettivamente usurata, anche se forse il rapporto si può recuperare e non è arrivato nemmeno stavolta il momento di dire «basta Marco, chiedo il divorzio» (o viceversa, a quanto sembra). E’ quando Travaglio – che da Burlando si sente perfino suggerire «ascolti, così impara qualcosa» e lui figurarsi come la prende, ma Santoro invece invita il presidente a proseguire, «dica a me, imparo io» – protesta con l’antico sodale: «Non è giusto, Marco, è giusto che Burlando possa replicare, siamo in un luogo democratico», lo rimprovera Santoro. E lui: «Ma senza tirarmi in ballo».

Era già accaduto, ai tempi di Annozero, che la coppia fosse sull’orlo di scoppiare perché «Marco» era stato tirato in ballo e «Michele» invece di spalleggiarlo a dovere lo aveva zittito insieme a tutta la compagnia urlante. Si parlava dell’inchiesta sulla Protezione civile e di Bertolaso, Travaglio era lì a infilzare, e il vicedirettore del Giornale Nicola Porro provò invece a infilzare lui, ricordandogli che Giuseppe D’Avanzo che su Repubblica tempo addietro aveva contestato al collega vacanze pagate da figuri poco raccomandabili (poi Travaglio sul suo blog produsse le prove che lo scagionavano). Anche lì i nervi saltano, e Santoro tira il freno al suo editorialista lanciatosi in un’arringa autodifensiva. Non finisce lì. Ne nasce un chiarimento epistolare sulle pagine del Fatto, il cui condirettore ventila l’addio al programma perché «una reputazione ce l’ho, non posso più accettare che venga infangata ogni giovedì da simili gentiluomini» e il conduttore osserva gelido: «Forse non ti accorgi di parlare come un membro della commissione parlamentare di vigilanza», quella che a Santoro è stata sempre col fiato sul collo, non una cosetta buttata lì.

Quello che par di capire anche stavolta è che «Marco» non si sente capito. Ma maltrattato. Si era parlato di dissapori per l’ostentato grillismo del condirettore del Fatto («Marco, non puoi difendere sempre Grillo», lo aveva del resto rimproverato l’anno scorso in diretta Santoro) ma anche di malumori di Travaglio (con presunto scontro dietro le quinte) per essere stato relegato, in questa stagione, sul fare della mezzanotte.

Il giorno dopo Santoro, con una nota che somiglia ai comunicati delle star che annunciano ai fan la loro separazione, prova a spiegare che il punto è la linea editoriale del programma, «che prevede attenzione e ascolto nei confronti di tutti». L’augurio è «che il comportamento di Marco Travaglio sia stato determinato da circostanze e umori del momento» e che il rapporto possa continuare, «per lui ci sarà una porta sempre aperta». Ma è il padrone di casa a decidere «formato e regole». In caso di «valutazioni diverse» da parte del gradito ospite, si può sempre – come si dice? – restare «amici».