«La questione è delicata – dice – e poi l’avvocato mi ha detto che dovete parlare con lui». Poi si ferma un attimo: «Mi sento umiliato». Si capisce che non gli va di raccontare quanto è accaduto lo scorso 7 febbraio alla catena di montaggio, nello stabilimento Sevel di Atessa, quand’era di turno. Quando gli hanno negato il permesso di andare in bagno e si è per ciò urinato addosso. «Ho insistito parecchio – afferma l’uomo – non so quanto, forse più di mezz’ora. Ho chiamato. Ho cercato di farmi ascoltare». Ma – riferisce l’Usb che ha denunciato il fatto – nessuno gli ha dato retta.

Le scuse ufficiali sono state inoltrate all’operaio dalla direzione della Sevel di Atessa, ma la faccenda approda ora sul tavolo del premier Paolo Gentiloni, per via di un’interrogazione del deputato di Sel-Sinistra italiana Gianni Melilla. Nei prossimi giorni ci sarà anche un nuovo incontro tra azienda e sindacati per capire come sia potuto succedere che a un lavoratore del più importante stabilimento italiano Fiat Chrysler non sia stato dato il permesso di andare in bagno. E la settimana prossima, su iniziativa dell’Usb saranno avviate azioni legali sia a livello civile che penale. «Si tratta di un fatto grave che lede la dignità di quest’uomo – fa presente Melilla – e, tramite lui, dell’intera classe lavoratrice dello stabilimento che con 6.500 dipendenti è la più grande fabbrica italiana della Fca. Sevel è nata in Abruzzo nel 1978 a seguito di una joint venture tra la Fiat e la Peugeot e attualmente produce circa 300mila veicoli commerciali che vengono venduti in 80 Paesi del mondo e in Europa – viene ricordato – occupa il primo posto nelle vendite del suo segmento: si tratta dunque della più grande fabbrica metalmeccanica italiana, un gigante dell’export industriale». «La democrazia – sottolinea Melilla – non può fermarsi davanti ai cancelli di una fabbrica, e anche alla catena di montaggio i lavoratori non devono essere umiliati». Quindi si chiede a Gentiloni «se non intenda richiamare la multinazionale Fca al rispetto della dignità dei suoi lavoratori».

Sull’episodio interviene anche Giorgio Cremaschi, Fiom. «Alla Sevel – scrive in una nota – la dignità e la stessa fisiologia umana sono state offese». «Poco tempo fa – rammenta – alla Sata di Melfi le operaie sono state umiliate da disposizioni aziendali che ledevano la loro biologia. L’obbedienza a tutti i gradini dell’organizzazione del lavoro è il principio guida: chi esegue è premiato, chi non lo fa viene punito. Se alla Sevel non si può andare in bagno è perché così è previsto e ordinato nella catena di comando, passo dopo passo, fino a Marchionne».