Rischia di affossare sotto la valanga degli emendamenti ostruzionistici del Pdl presentati in commissione Giustizia alla Camera (quasi 400), la legge contro i reati di omofobia e transfobia che porta in calce 220 firme sotto quella dell’autore, il renziano Ivan Scalfarotto. Per ore, ieri, il governo delle larghe intese è sembrato vacillare davanti alla norma che si basa sull’estensione della legge Mancino al fine di contrastare anche i reati dettati dall’odio contro le persone omosessuali e transessuali, oltre a quelli a sfondo razziale, etnico, nazionale e religioso.

Da una pattuglia di pidiellini – i teo-lib Sacconi, Lupi, Gelmini, Roccella, ma anche l’ex ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna – era stata avanzata l’ipotesi di una «moratoria di 4-5 mesi affinché il Parlamento non si spacchi su questi temi etici». La priorità ora – sostengono in molti e dentro ogni schieramento – è il lavoro e l’economia.

Ma di fronte alla posizione inamovibile del ministro per i rapporti col parlamento, Dario Franceschini – «è una legge che non c’entra nulla con i temi etici, riguarda il codice penale; ed è urgente e non più rinviabile» – i capannelli in Transatlantico e le riunioni a porte chiuse Pd-Pdl si sono moltiplicate a ritmo serrato, per cercare di chiudere la partita prima delle vacanze estive. Domani il testo dovrebbe essere licenziato dalla II Commissione e passare giovedì al vaglio di quelle Affari sociali e Costituzionale, per approdare infine in Aula – questo è l’obiettivo – venerdì 26 luglio.

Anche la compattezza granitica del Pdl però ha vacillato. «In Italia siamo indietro di vent’anni su questi temi e ancora qualcuno nel mio partito ha il coraggio di proporre una moratoria? E cosa dovremmo fare, occuparci solo di spread e tassi fino alla fine della legislatura?», è la posizione da destra europea assunta per primo da Giancarlo Galan. Che assicura: «Berlusconi non è contrario alla legge». E anche Mara Carfagna, dopo un mezzo dietrofront comunicato via twitter ai tanti followers inalberatisi, ha partecipato per tutto il giorno alle riunioni col Pd: «È una faticosa mediazione, ma la buona volontà c’è», ha spiegato a sera.

Il nodo sta nell’articolo 3 della legge Mancino, quello che contempla le aggravanti dell’odio per reati già esistenti nel codice penale. Secondo il vice presidente del Senato Maurizio Gasparri «la legge, per come è stata formulata, è contro i principi del diritto naturale. E contro la Costituzione. E rischia di introdurre reati di opinione a fronte di posizioni che non c’entrano nulla con le discriminazioni». Ma la maggior parte degli emendamenti è per lo più puramente ostruzionistica. Tanto da aver convinto i due relatori del provvedimento Scalfarotto e Antonio Leone, del Pdl, a dare insieme parere contrario su tutti. Poi, come racconta Leone, «abbiamo presentato un emendamento di sintesi che rappresenta l’accordo politico raggiunto». A sera i gruppi in commissione accettano la proposta della presidente Donatella Ferranti di ridurre a cinque gli emendamenti presentati da ciascuna forza politica. Ma nel Pdl c’è chi promette un’altra valanga ostruzionistica in Aula.

Per il M5S, «l’emendamento dei relatori svuota la proposta di legge di ogni efficacia, facendola diventare una “legge-spot”. Nello specifico, infatti – si legge in una nota del gruppo di Montecitorio – si modifica la legge Mancino a categorie che, in assenza di una definizione giuridica, rendono la legge inefficace e oltremodo vaga e a rischio incostituzionalità». I pentastellati, come anche alcune associazioni gay, avvertono il rischio che dal testo spariscano le aggravanti specifiche. E attaccano «la condotta bifronte del Pd che, ancora una volta, fa da servo al Pdl sulle spalle di migliaia di persone che ancora attendano che siano riconosciuti i propri diritti».