Sono loro e non sono loro allo stesso tempo. Perché scrivere definizioni di Marta sui Tubi è pressoché impossibile, per fortuna. A conferma di ciò ecco arrivare Lostileostile (Antenna Music Factory), un disco che ha il pedigree nella propulsione ma che vive un presente di storie e di attimi liberatori. In confronto a Cinque, la luna e le spine, il sound e i testi sono più spessi e duri, è un lavoro molto articolato. A parlarne è il frontman Giovanni Gulino, che una volta in un’intervista ha detto che «la tecnica non è importante, importante è l’empatia». Ma qui di tecnica sembra essercene parecchia: «La tecnica fa parte del nostro dna, non ci piace fare il classico giro di do. Inoltre in tre devi avere un sound più robusto, a meno che non pensi di fare qualcosa di acustico e scarno».

È un po’ quello che la band ha fatto agli esordi. «Sì, in questi mesi invece ci siamo chiusi in sala prove e, senza tanti ragionamenti, abbiamo pensato solo a divertirci facendo quello che ci veniva spontaneo. Ed erano musiche con una certa spinta ritmica». In alcune canzoni, come Da dannato o Rock and roipnol, tornano alla memoria gli Area. «Ce lo dicono da sempre anche se gli Area li ho scoperti dopo che ho cominciato a fare dischi… Però lo prendo come un complimento».

Il confronto con l’altro è uno dei temi al centro di Lostileostile: «Ogni volta che ci interfacciamo con una persona nuova, si modifica la percezione di noi stessi e del mondo circostante. Quando ho di fronte qualcuno che ha qualcosa da darmi, io stesso cambio. È un concetto che ho messo a fuoco nella canzone Un pizzico di te. In ogni traccia c’è il confronto, che può essere con la vita in Niente in cambio, con la morte in La calligrafia di Pietro o nel rapporto con un amico raccontato in Amico pazzo». Nei testi citazioni ecumeniche: «Ama il prossimo tuo come te stesso». Ma se il prossimo tuo non ti ama o, peggio, tu non ami abbastanza te stesso? Nella mente restano impressi gli attentati di Bruxelles…

«Sia chiaro, non sono uno studioso di politica internazionale e parlo da cittadino, ma stiamo subendo le conseguenze di tante scelte fatte male verso chi è stato depredato senza ritegno. Ovvio, questo non giustifica nulla, tantomeno la violenza». Torniamo al quotidiano, le piccole storie nel disco diventano importanti, sembra un’agenda di appunti: «Sono un accumulatore seriale di pensieri e di momenti, nel mio telefono ho segnato pagine di libri che non scriverò mai. Sono mie piccole verità messe da parte. Per questo disco però non ho attinto volutamente da quel materiale, volevo i testi più diretti possibile, mi sono chiuso in soffitta con la penna e ho scritto cercando di interpretare ciò che la musica mi suggeriva. Poi si lavora con gli altri del gruppo, ognuno apporta o si oppone a qualcosa e, non a caso, è stato scritto e registrato in quattro mesi, pur avendo al principio poco materiale».

Sorprende la capacità di rapportarsi con tanti spunti e materiali in tempi brevi: «Abbiamo cambiato l’approccio alla composizione con una sala prove tutta per noi, proprio per concentrarci totalmente sul lavoro».

Il disco è stato realizzato grazie a un crowdfunding, portato a buon fine con l’apporto fondamentale dei fan: «È una naturale conseguenza del rapporto che abbiamo creato con i fan, molti dei miei amici li ho conosciuti perché si sono presentati ai concerti magari dieci anni fa ed ora sono persone con cui mi sento quotidianamente. Il crowdfunding è un modo per concretizzare questo tipo di rapporto. I fan di una band possono sostituire un’etichetta discografica, alla fine sono sempre loro quelli che pagano e una band come la nostra, che gira da più di dieci anni, si sa gestire da sola. Lavoriamo con altri tipi di strutture, come la distribuzione e il publishing, ma fanno tutte capo a noi».

Dopo il disco arriva la controprova, il concerto dal vivo: «Lasciamo sempre un certo margine di atipicità alle serate. Sicuramente sarà un live d’impatto, con vecchie canzoni che negli ultimi anni non siamo riusciti a inserire, forse il più r’n’r che abbiamo portato in giro».