Sono stati 188.797 i nuovi casi Covid ieri in Italia su 1.110.266 tamponi, il tasso di positività è salito al 17%. I decessi sono 385. Tornano ad aumentare i posti occupati nelle terapie intensive: 10 in più, 1.698 in totale; i ricoveri ordinari crescono di 159 unità, 19.659 in tutto; 2.660.684 i pazienti in isolamento domiciliare. La regione con il maggior numero di casi è stata la Lombardia (33.676) seguita da Veneto (21.833), Emilia Romagna (20.140), Campania (16.977) e Piemonte (15.328). Secondo l’ultimo monitoraggio Agenas, relativo a mercoledì, la media di occupazione dei posti letto in Italia è del 30% per l’area non critica, con i picchi in Valle d’Aosta (57%), Calabria (al 42%) e Liguria (40%), del 18% per le intensive. L’Italia continua a rimanere in rosso scuro nella mappa dell’Ecdc, il Centro europeo per il controllo delle malattie. Dovrebbero andare in arancione da lunedì Friuli VG e Abruzzo; in bilico Piemonte, Lazio e Sicilia.

Nella settimana 12-18 gennaio, rispetto alla precedente, «c’è stata una stabilizzazione dei nuovi casi a quota 1,2 milioni e un aumento delle ospedalizzazioni (più 2.381) dei pazienti in area medica e in terapia intensiva (più 38). Frena l’incremento dei casi (più 3%), ma i decessi aumentano del 49,7% in 7 giorni»: sono i dati del monitoraggio Gimbe pubblicati ieri. In 58 province l’incidenza supera i 2mila casi per 100mila abitanti con i picchi a Rimini (3.358), Forlì-Cesena (3.296) e Bolzano (3.279). A eccezione di Molise e Sardegna, tutte le regioni superano la soglia del 15% nel tasso di occupazione di letti in area medica, con la Valle d’Aosta che raggiunge il 57,1%. A eccezione di Basilicata e Molise, tutte superano la soglia del 10% in area critica. La recente introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50 ha iniziato a mostrare i primi effetti: «In questa fascia i nuovi vaccinati sono 128.966 (più 28,1% rispetto alla settimana precedente). Al 18 gennaio l’83,7% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino e il 79,6% ha completato il ciclo vaccinale». Sui cambiamenti alle norme anti virus, il Gimbe replica: «Inapplicabili e rischiose le richieste delle regioni di modificare le definizioni di caso e ricovero Covid».