Lei si chiama Maureen, vive a Parigi ma è americana. È la personal shopper di una celebrity che non si vede quasi mai,e che un giorno qualcuno ammazza con ferocia. Maureen che invece non sembra preoccuparsi troppo del look è chiusa nell’ossessione del fratello gemello morto. Ha doti da medium e per questo prova a cercarne i segni in un altrove che lei riesce a intuire. La sua vita si è fermata in questa ostinazione che la rende incapace di accettare i passaggi degli altri. Il tempo di un lutto, l’assenza della perdita: a cosa siamo disposti per dare una risposta agli interrogativi del nostro dolore? Quali rischi, truffe, vite? Maureen non ha nello spiritismo la stessa fede caparbia che aveva l’amatissimo fratello – «Io lo seguivo» dice quando le chiedono della sua capacità di entrare in contatto con un al di là. Ma esiste davvero? O è solo lo spazio del nostro bisogno di crederci?Personal Shopper, premio della regia lo scorso anno a Cannes, sarà nelle nostre sale il prossimo 13 aprile. Incontro Assayas a Roma, dove è venuto per accompagnarlo mentre è già al lavoro su più progetti, Wasp Network e Evil’s Eye con Stallone e Robert Pattinson.

 
«Personal Shopper» è un film di fantasmi, una suggestione che ritroviamo anche se in modo diverso in tutti i suoi lavori, come se attraverso questa presenza si esprimesse la nostra relazione col mondo. D’altra parte l’idea del fantasma rimanda alla materia stessa del cinema.
È una figura che mi permette di parlare della realtà e delle nostre esperienze in modo intimo. È vero, tutti i miei film hanno il loro fantasma e in ciascuno permette di costruire un rapporto col mondo reale attraverso l’immaginario, in una dimensione fantastica. In questo film, forse più che negli altri, volevo esplorare il limite tra visibile e invisibile, spingere all’estremo la capacità del cinema di cogliere il lato invisibile nel mondo. Forse perché venivo da un trauma quale può essere la cancellazione del proprio film il giorno prima di iniziare le riprese (Idol’s Eye con Robert De Niro e Robert Pattinson, ndr). Così sono partito da una pagina bianca, non l’avevo mai fatto, di solito lavoro a lungo alla preparazione della scrittura, prendo appunti, mi fermo, ci ritorno. La storia di Personal Shopper si può riassumere in tre righe: una ragazza di oggi che ha un lavoro estremamente materialista e cerca una salvezza nel rifiuto di questo materialismo. Sono andato avanti lasciandomi trasportare dall’inconscio, credo molto in questa modalità di scrittura che permette a poco a poco di svelare le maschere.

 

 
La dimensione fantasmatica del film rende con precisione il presente dei social, l’universo delle celebrities, gente famosa nella sfera virtuale.
Penso che oggi non ci sia più una separazione tra il virtuale e il reale ma che il primo sia parte integrante della realtà. Non credo che avrei potuto fare un film su un’attrice come era Sils Maria senza tenere contro di come l’idea stessa di celebrità si sia trasformata nel virtuale. Tutto questo mi ha permesso una riflessione sullo statuto del cinema che si è sempre mescolato a altri supporti. Oggi con la proliferazione delle immagini, i-phone, tablet, computer, nel bene e nel male si è persa la chiarezza su questo suo statuto che è, almeno per me, la capacità del cinema di essere testimone delle altre immagini come lo è stato rispetto alle arti – il cinema infatti non è un momento nella storia della pittura.

 

 
Ha citato «Sils Maria» col quale «Personal Shopper» presenta molte affinità e non solo per la presenza di Kristen Stewart. Se lì il riferimento poteva essere il melodramma, i classici del cinema di «scontro» tra due donne, qui i rimandi cinematografici sono meno espliciti.
In generale cerco di non farmi trasportare dal cinema ma di lasciare trasparire una percezione personale del mondo.In Personal Shopper l’ispirazione è stata la pittura, soprattutto un’artista come Hilma If Klint, e la dimensione letteraria, Victor Hugo, entrambi per le opere che comunicavano con gli spiriti.

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Anche se lo spiritismo sembra un modo per esplorare la memoria, per acquisire una nuova consapevolezza di sé.
Aiuta a esplorare la coscienza, a mettersi in comunicazione con l’inconscio… Maureen è una persona che sta provando a ritrovarsi,ha perduto il fratello gemello ed è come se avesse perduto la metà di sé stessa. Questo lutto è intollerabile, perciò vive in un limbo nel quale cerca di ritrovare il passato mentre è evidente che deve liberarsene.

 

 
In un film come «Irma Vep» però il cinema era molto presente come anche i fantasmi.
Ci sono molti aspetti in comune tra questo film e Irma Vep nell’idea del cinema come un romanzo di formazione, come un cammino di riconciliazione con sé stessi. Potrei dire che Personal Shopper è un film sulla giovinezza ma questo processo di trasformazione si attraversa di continuo, si cresce e si cambia a ogni età.

 

 
In fondo accadeva lo stesso in «Carlos», la narrazione di una figura storica rimandava alla parabola di un’epoca.
Ci diceva che il mondo cambia e come gli individui vengono trasformati dal tempo e nella Storia. Non vorrei essere astratto o pedante ma per me al centro c’è sempre questo processo dialettico di morte e di resurrezione, un cambiamento che avviene attraverso una distruzione.