Oggi urne aperte anche in Olanda, uno dei sei Paesi fondatori dell’Unione europea. Si contendono i 26 seggi in palio molte forze politiche di medie dimensioni, secondo il tradizionale accentuato pluralismo del sistema politico dei Paesi Bassi. I sondaggi danno in testa (circa al 20%) il Partito della libertà del populista e xenofobo Geert Wilders, alleato della francese Marine Le Pen. A seguire, appaiati intorno al 15% i liberal-conservatori del premier Mark Rutte e i liberali di sinistra (entrambi nel gruppo liberale dell’Alde a Strasburgo), poi i democristiani (12%), che nel 2009 risultarono il primo partito con il 20,1%.

Ai laburisti (PvdA) e ai socialisti (Ps) è attribuito circa il 10% ciascuno: i primi (un tempo al 30%) sono nel Pse e sostengono Martin Schulz, i secondi sono più a sinistra. Conosciuto anche come «partito del pomodoro», il Ps è una forza sui generis: affiliata all’eurogruppo del Gue/Ngl (Sinistra unitaria/Sinistra verde nordica), di cui fa parte la Sinistra europea di Alexis Tsipras, sull’Unione europea ha posizioni «quasi-scettiche», in favore di un parziale ritorno alle sovranità statali. Non a caso, non sostiene esplicitamente il leader greco alla presidenza della Commissione Ue, ma fa una gara tutta «nazionale».

In calo i Verdi, dati al 4,5% (cinque anni fa ottennero il doppio), che verranno superati probabilmente dagli euroscettici moderati dell’Unione cristiana (simili alla Csu bavarese).

Come nel caso del Regno Unito, anche nei Paesi Bassi i risultati si sapranno ufficialmente soltanto domenica sera, quando si saranno concluse le operazioni di voto in Italia, l’ultimo Paese a chiudere le urne. L’unica notizia di stasera dovrebbe essere quella dell’affluenza: nel 2009 votò soltanto il 37% degli olandesi (un dato che dagli anni ’90 non supera il 40%).