Oggi, all’Avana, riprende il dialogo tra il governo colombiano di Manuel Santos e i rappresentanti della guerriglia marxista delle Forze armate rivoluzionarie (Farc). Al centro, uno degli ultimi punti in agenda, quello relativo alle vittime del conflitto armato, che dura da cinquant’anni: tanti quanti gli anni delle due guerriglie principali del paese, le Farc e i guevaristi dell’Esercito di liberazione nazionale (Eln).

Intanto, in Colombia, si stanno svolgendo tre forum di discussione le cui proposte sono presenti al tavolo delle trattative, iniziate il 19 novembre del 2012. I rappresentanti delle associazioni delle vittime hanno già avuto spazio nelle trattative dell’Avana, e hanno favorito la rielezione di Santos alle presidenziali del 15 giugno. Elezioni poco partecipate, ma segnate dalla possibilità di arrivare a una soluzione politica del conflitto armato, che Santos sembra intenzionato a portare a termine. Questo è il primo incontro ufficiale tra governo e opposizione armata seguito alla rielezione di Santos.

La sinistra e le organizzazioni popolari, che appoggiano la soluzione politica, chiedono al presidente di realizzare le principali rivendicazioni emerse dal tavolo di trattativa, in deroga ai progetti neoliberisti di cui è portatore il suo governo: riforme democratiche e strutturali, per sanare almeno in parte le storture che hanno portato al conflitto armato. Le forze di sinistra premono affinché tutto si concluda prima che il clima elettorale delle elezioni locali di ottobre 2015 torni a intossicare le trattative. Santos sembra deciso ad andare avanti e poi a sottoporre a referendum gli accordi finali. Le Farc e le forze di sinistra chiedono invece la convocazione di un’Assemblea costituente che rimetta in campo la partecipazione di tutti i settori sociali esclusi dal gioco politico tradizionale. In un quadro istituzionale egemonizzato da intrecci e prebende tesi a mantenere lo status quo, difficilmente un accordo che ha ambizioni di vero cambiamento potrebbe passare senza amputazioni. E tutto potrebbe finire nuovamente nel sangue che ha costellato la storia della Colombia: dall’uccisione del progressista Eliecer Gaitan (1948), passando per il massacro dell’Union Patriotica, a oggi.

I sondaggi dicono che, dopo la vittoria di Santos su Oscar Zuluaga (il candidato appoggiato dall’ex presidente di ultradestra, Alvaro Uribe), la fiducia dell’opinione pubblica nella possibilità che si arrivi a concludere un accordo di pace è passata dal 42% in maggio al 64% all’inizio di luglio. Il narco-paramilitarismo e l’arco di forze che lo sostengono non hanno però dismesso i loro piani.

Intanto, i guerriglieri delle Farc continuano a morire. In un’operazione congiunta tra Forze militari e Polizia condotta nel dipartimento di Antioquia, ne sono stati uccisi 12. Non si ferma nemmeno la repressione contro i movimenti che appoggiano la soluzione politica. Il 4 luglio, giorno in cui varie organizzazioni sociali e indigene partecipavano al forum delle vittime, un militante di Marcha Patriotica è rimasto vittima di un’azione armata compiuta dall’esercito.