Quando, esattamente due anni fa, le truppe marchiate con la zeta di Putin oltrepassarono il turbolento confine russo-ucraino Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d’Italia erano l’unico gruppo parlamentare all’opposizione del governo Draghi. Molti degli esponenti del suo partito non avevano nascosto simpatie per la causa della Russia putiniana, come la gran parte delle forze politiche dell’estrema destra. Ma siccome le guerre hanno una funzione costituente, stravolgono gli scenari economici e anche gli equilibri politici interni, oggi Meloni da presidente del consiglio ha fatto della collocazione atlantica il suo punto di forza. A fronte di un governo che non ha grandi idee, retto da un partito di maggioranza relativa (il suo) che non dispone di una classe dirigente all’altezza del compito, il posizionamento di Meloni ha funzionato, fino ad oggi, da assicurazione sulla vita dell’esecutivo di destra-centro.

COSÌ, OGGI la premier si troverà a Kiev per coordinare la riunione del G7 sull’Ucraina, la prima di questo semestre a presidenza italiana. Molti capi di stato saranno in videoconferenza, ma la presidente del consiglio incontrerà di persona Volodymyr Zelensky, con il quale ha siglato il protocollo di sicurezza, uno dei patti bilaterali tra stati europei e Ucraina che prepara il terreno per la copertura Nato. Nel protocollo l’Italia conferma il sostegno all’ingresso di Kiev nella Ue, rinnova gli aiuti alla difesa e all’addestramento di soldati, garantisce la collaborazione nel settore energetico e l’impegno per il post-guerra, anche con la conferenza sulla ricostruzione nel 2025.

AL TERMINE della riunione, nella dichiarazione finale, i Sette sosterranno un ulteriore inasprimento delle sanzioni contro Mosca, nel tentativo di interrompere i canali finanziamento in entrata verso la Russia e dei flussi di approvvigionamento energetico in uscita verso stati terzi. I paesi europei, Italia compresa, frenano invece sulla possibilità di usare fondi sovrani già confiscati della Banca centrale russa e depositati in alcuni paesi: alcuni vincoli regolamentari lo impedirebbero.

AL SUMMIT, Meloni ritroverà anche Ursula Von der Leyen, la presidente uscente della Commissione europea che sul suo sostegno, in qualità di presidente dei conservatori europei di Ecr e della corrente atlantista delle estreme destre continentali, conta per un nuovo mandato dopo il voto di giugno.

PER IRONIA della sorte, a proposito di destre radicali e relazioni internazionali, praticamente nelle stesse ore, dall’altra parte dell’Atlantico, al Gaylord National Resort del Maryland, Donald Trump chiuderà la Cpac, la convention dei Repubblicani. Laggiù Meloni ha inviato una delegazione di parlamentari di Fratelli d’Italia in rappresentanza dei conservatori europei. Come suggerisce la copertina di questa settimana dell’Economist di questa settimana, che mostra un Putin minaccioso affiancato da un Trump che incombe di spalle, sarà da vedere come la premier si ricollocherà di fronte al nuovo, eventuale, scenario post-presidenziali.

AL MOMENTO, tuttavia, Meloni approfitta a pieno titolo delle entrature alla Casa bianca, approfittando del tour delle capitali del G7 in occasione della presidenza italiana che l’ha già vista a Tokyo per il passaggio del testimone con Fumio Kishida e che la vedrà il giorno successivo alla tappa statunitense a Toronto, a colloquio con il primo ministro canadese Justin Trudeau. A Washington, dal presidente in carica Joe Biden, si presenterà il prossimo venerdì primo marzo. I due leader, affermano dallo staff dell’amministrazione statunitense, «discuteranno gli approcci condivisi per affrontare le sfide globali, tra i quali l’impegno a continuare il sostegno all’Ucraina e contrastare l’aggressione russa, il prevenire un’escalation regionale in Medio Oriente, la consegna di aiuti umanitari al popolo di Gaza, gli sviluppi in Nord Africa e lo stretto coordinamento transatlantico riguardo la Cina». Inoltre, conclude la portavoce della Casa Bianca, Biden e Meloni «discuteranno la presidenza italiana del G7 e coordineranno in anticipo il summit della Nato di Washington».