La Francia nega qualsiasi coinvolgimento nell’offensiva di Haftar contro Tripoli, smentendo la notizia data ieri da Repubblica secondo cui, prima di passare all’attacco il generale avrebbe chiesto e ottenuto, il 4 aprile a Parigi, il “permesso” di Macron. «Non siamo stati avvisati di un’offensiva che abbiamo condannato subito. Come i nostri partner parliamo con tutte le parti del conflitto al fine di ottenere un cessate il fuoco», commenta l’Eliseo.

Che i governanti italiani credano alle affermazioni della Francia è poco probabile, ma l’obiettivo è proprio quello indicato, almeno ufficialmente, dai francesi: arrivare alla tregua prima che Haftar entri a Tripoli. Conte convoca per il pomeriggio un vertice a palazzo Chigi, con il ministro degli Esteri Moavero e la ministra della Difesa Trenta. La strategia può essere una sola: fare leva sulle istituzioni internazionali, la Ue, l’Onu e la Nato per fare su Haftar quelle pressioni che l’Italia da sola, oggi, non è in grado di esercitare. Viene istituito un gabinetto permanente di crisi. Il premier, appena terminato il vertice, si attacca al telefono con Angela Merkel, che già giovedì aveva nettamente condannato l’offensiva affermando che «non può esserci nessuna soluzione militare ai problemi della Libia». I contatti con la Francia, Conte li aveva presi già da giovedì. Si intensificano e si aggiunge un filo diretto anche con la Casa Bianca.

L’incognita è quali siano i reali obiettivi di Haftar e quanto spazio di manovra intendano concedergli Francia, Egitto e Arabia Saudita, che secondo il Wall Street Journal avrebbe finanziato l’attacco. Il dubbio è se il generale voglia solo moltiplicare il suo peso specifico mettendo Sarraj alle corde, oppure se intenda davvero provare a prendere Tripoli esponendosi al rischio di precipitare la Libia in una situazione ancora più caotica, destabilizzata e destabilizzante di quella attuale. In ogni caso, la via imboccata dall’Italia passa per circondare diplomaticamente la Francia, forzandola, ove avesse davvero questa tentazione, a non ripetere l’errore clamoroso commesso con la detronizzazione di Gheddafi senza avere pronto un nuovo assetto per sostituire quello del Raìs.

Viene smentita ogni voce di divisione all’interno del governo italiano, ma la posizione della Lega è palesemente più bellicosa, nei confronti di Parigi come sul terreno libico. «Stiamo approfondendo il ruolo della Francia», avverte Salvini e il sottosegretario leghista agli Esteri Picchi, oltre a definire «inaccettabili» le ambiguità della Francia, insiste per una missione di Moavero in Libia per incontrare direttamente Haftar: «Potrebbe essere decisiva per fermare l’escalation». Ma soprattutto Salvini ha preso nei giorni scorsi contatti con il vicepresidente Maitig, comandante delle truppe fedeli a Sarraj di stanza a Misurata, considerato il solo in grado di fronteggiare le armate di Haftar sul terreno militare. Dal governo fanno sapere che non esistono strategie diverse all’interno dell’esecutivo. Semplicemente ognuno fa ricorso ai propri contatti.

Per ora la linea prevalente è quella dell’iniziativa diplomatica concertata con Berlino, Bruxelles, l’Onu e Washington. Tra i leader politici italiani, per quanto assurdo possa apparire, il solo a chiedere una linea durissima con Parigi, sino al ritiro dell’ambasciatore ove fossero confermate le indiscrezioni sul ruolo della Francia nell’offensiva di Haftar, è proprio quello più vicino a En Marche – il partito di Macron – Carlo Calenda: «Se fosse dimostrato che emissari di Haftar avevano avvisato Parigi dell’offensiva l’Italia dovrebbe richiamare per consultazioni l’ambasciatore in Francia».

Il Pd concentra il fuoco sulla crisi dei migranti tra Italia e Francia, quasi accusando il governo italiano di aver «provocato» Macron spingendolo verso l’appoggio a Haftar. Naturalmente è pura propaganda elettorale, ma con una punta di verità. Proprio come ai tempi della guerra contro Gheddafi la Francia aveva sfruttato l’occasione offerta dalla debolezza del governo italiano di allora, così oggi Parigi si avvale probabilmente dell’isolamento internazionale dell’Italia per cercare di chiudere la partita in Libia a proprio favore.