Il 4 giugno del 1989 è uno di quei giorni che le nuove generazioni studiano sui libri di storia come lieto fine dell’epopea di Solidarnosc. I più grandicelli, invece, lo ricordano bene quel giorno. Erano le prime elezioni democratiche della Polonia post-comunista. Ieri per l’occasione erano presenti 50 delegazioni da tutto il mondo: ministri, capi di governo, presidenti della repubblica. Tutti a Varsavia per celebrare il 25° anniversario della «Polonia libera».

L’ospite più atteso e riverito è stato indubbiamente il presidente statunitense Barak Obama, che con l’Air force one è atterrato all’aeroporto della capitale polacca martedì mattina. Quella dell’altro ieri è stata una giornata piena di spunti e riflessioni. Era chiaro a tutti che l’inquilino della Casa Bianca si recava a Varsavia principalmente per mettere i «puntini sulle i» sulla questione ucraina e le parole pronunciate in conferenza stampa insieme al presidente polacco Bronislaw Komorowski erano lì a testimoniarlo.

Obama chiederà al congresso di stanziare un miliardo di dollari per «riprogrammare» la presenza militare a stelle e strisce nel vecchio continente e al tempo stesso ha rassicurato tutti gli alleati dell’Europa centrale e dell’est che l’America non li lascerà soli. In soldoni, se qualcuno vuole avere le basi americane in casa e sentirsi «al sicuro» basta chiederlo. Altrettanto chiare sono state le sue parole quando ha detto che «gli ucraini dovrebbero decidere loro stessi del futuro del proprio paese, senza interferenze esterne o pressioni da parte di militanti finanziati da paesi limitrofi che stanno cercando di sabotare il processo di cambiamento e rafforzamento delle istituzioni democratiche in Ucraina».

Ieri, quando ha preso la parola sul palco delle autorità di fronte alle delegazioni politiche ed una piazza gremita di gente, Barak Obama non ha parlato di Ucraina. «Qui con voi, in questa piazza, mi sento come se fossi a casa», ha detto, ricordando la grande comunità polacca di Chicago. Il suo è stato un discorso sobrio e di circostanza. Ha omaggiato la Polonia per la tenacia con cui ha lottato per la libertà e la democrazia. Ha scandito il nome di Lech Walesa (presente anche lui sul palco delle autorità) e di Solidarnosc e ha rimarcato l’importanza storica di quelle giornate.

Prima di partecipare alle celebrazioni, il presidente americano ha incontrato faccia a faccia Petro Poroshenko, il neoeletto presidente dell’Ucraina: «Voglio sentire da lui di cosa ha bisogno il popolo ucraino». Attualmente il paese sta cercando di trovare una «soluzione» al problema Gazprom, che ha più volte minacciato di chiudere i rubinetti del gas qualora non venissero pagati i debiti accumulati. I due hanno parlato di come continuare il processo di pacificazione nazionale, di come rivitalizzare l’economia sull’orlo del collasso e di come ridurre la dipendenza energetica dalla Russia.

A margine dell’incontro, la Casa Bianca ha rilasciato un comunicato in cui veniva approvato un ulteriore stanziamento di 23 milioni di dollari in aiuti militari all’Ucraina per la difesa: armi, visori notturni ed equipaggiamento per le comunicazioni.

Il viaggio a Varsavia di Poroshenko è il primo in veste ufficiale di presidente. E visto che l’oligarca ucraino, nonché neo-presidente, è entrato di diritto sul proscenio della politica internazionale, è giusto sapere con chi abbiamo a che fare. Di recente sono saltati fuori da Wikileaks ben 350 documenti in cui veniva fatto il suo nome e si è scoperto che Poroshenko era censito come «informatore» dell’ambasciata americana a Kiev nel 2006. Mentre in un altro cable appare sospettato, dagli Stati uniti, di corruzione, al pari di Iulia Timoshenko. Se il buongiorno si vede dal mattino, allora buonanotte Ucraina.