Proprio in quel venerdì nero pandemico in cui si veglia il feretro della vendita al dettaglio, il governo britannico vara un pacchetto di misure a tutela del caro estinto. Con l’ingrato compito di arginare l’oceanica tracimazione di Google, Facebook & Co. nella terraferma dell’economia dei consumi è sorta la Digital Markets Unit, nuova costola dell’organismo di controllo denominato Competition and Markets Authority. Ne ha dato ieri annuncio il segretario per il commercio Alok Sharma. Anche se delle aziende interessate non si è ancora fatta menzione l’azione di vigilanza pare per ora circoscritta alla pubblicità e all’uso dei dati, tralasciando Apple e Amazon e concentrandosi su Google e Facebook.

Con un nuovo codice di comportamento che, allentandone le spire duopolistiche, restituisca fiato alla buona vecchia competizione, galvanizzando così l’innovazione, ripristinando la sovrana libertà di scelta del consumatore e introducendo dei parametri accettabili di condotta.

Lo scopo sarebbe creare un ambiente competitivamente paritario per le aziende più piccole, restituire agli utenti-prodotto un minimo di controllo sui propri «grossi dati» e definire il rapporto fra le grandi piattaforme e alcune delle loro vittime eccellenti dell’ancien regime economico, tra cui l’editoria e il giornalismo.

Questi ultimi sono particolarmente penalizzati dal duopolio GF: una recente indagine, la Cairncross Review, ha appurato che «il comportamento delle piattaforme online su cui fanno affidamento editoria e giornali è un ostacolo principale a che gli editori sviluppino dei sostenibili modelli di business online». L’organismo, che dovrebbe entrare in azione in aprile, avrà il potere di sospendere, bloccare o rovesciare le decisioni prese dai colossi del silicio per indurli a ottemperare e di multare i non ottemperanti.

È piuttosto ironico che l’odiosa manovra da economia di piano si debba proprio all’ultraliberista governo britannico, che dopo attenta e meticolosa analisi, incuriosito anche dalle analoghe misure prese in Europa e Usa (dove dilaga l’eresia parasocialista di suddividere Google in entità minori), è stato assalito dal sospetto che il cosiddetto Gafam (Google, Apple, Facebook, Amazon), oltre ad abbondare del succitato status, sia affetto da preoccupante gigantismo.

In conformità con quell’influenza a senso unico che arriva da oltreoceano opportunamente ribattezzata Special relationship, la contezza del problema e l’idea di istituire quest’organismo di controllo arriva da Jason Furman, ex-consulente della presidenza Obama, che l’aveva suggerita nel marzo 2019.

In Uk, da sole, Google e Facebook dominano la pubblicità digitale con un modico 80% dei 14 miliardi di sterline spesi in totale nel 2019.

Dunque è un po’ come cercare di mettere il guinzaglio a Godzilla dopo averlo svegliato di soprassalto nella sua pennica pomeridiana: eppure.