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Obama: «Il mutamento climatico è un fatto, non un’opinione»

Obama: «Il mutamento climatico è un fatto, non un’opinione»

Effetto serra Il piano del presidente contro le emissioni. Riconvertire a fonti rinnovabili significherà ricevere ingenti sussidi federali

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 4 agosto 2015

Non ci poteva essere sfondo più simbolicamente adatto all’annuncio del nuovo piano sul clima presentato ieri, che la ventina di incendi che stanno bruciando in California e in diversi stati dell’ovest.

«Il mutamento climatico non è un problema per un altra generazione – non più», ha affermato Obama e la siccità che sta alimentando i roghi fuori controllo è sembrata sottolineare l’urgenza del suo allarme. «Il mutamento climatico è un fatto non un opinione», ha affermato il presidente in un video caricato su Youtube e postato sulla pagina Facebook della Casa bianca, «un dato supportato da un preponderante evidenza scientifica».

Malgrado residui negazionismi, anche molti giovani repubblicani ammetterebbero ormai che le cause degli scompensi climatici sono in gran parte da ricondurre alle emissioni atmosferiche che il progetto presentato da Obama mira drasticamente a ridurre.

Il presidente ha ricordato che esistono norme sulla dispersione di sostanze come mercurio, zolfo e arsenico «eppure le centrali energetiche sono libere di immettere milioni di tonnellate di anidride carbonica nell’aria». Le nuove norme sull’inquinamento industriale sono più severe della bozza presentata un anno fa e mirano ad esempio a diminuire le emissioni di Co2 delle centrali del 32% sui livelli del 2005 entro il 2030. Traguardi ambiziosi che costituiscono la prima vera iniziativa legislativa americana per affrontare il mutamento climatico.

Rispetto ad un anno fa la mano politica di Obama appare comunque rafforzata. Allora il presidente era reduce dalla sonora batosta rimediata nelle elezioni di mezzo termine e sembrava destinato al tradizionale immobilismo da «lame duck».

Gli ultimi mesi hanno invece visto un raffica di iniziative che sembrano aver risuscitato il suo ascendente politico. Dopo sanità pubblica, depenalizzazione, minimi salariali, diritti gay, aperture a Cuba e Iran, ecco quindi l’azione sul clima da parte del secondo inquinatore mondiale dopo la Cina segnala una volontà di leadership su una riforma che proprio la reticenza americana sui trattati internazionali ha spesso rallentato.

In un paese la cui elettricità dipende ancora per il 40% dalle centrali a carbone, gli stati che presenteranno per primi piani di riconversione a fonti rinnovabili riceveranno ad esempio forti sussidi federali. Allo stesso tempo il progetto fissa al 28% (anziché 22% nella precedente bozza) le quote richieste da fonti non-fossili. Agli stati, che hanno ora tre anni per presentare i propri progetti, non basterà cioè passare dal carbone al gas naturale – quasi un terzo del fabbisogno dovrà provenire da solare ed eolico.

L’obiettivo ultimo è la creazione di un mercato dei «crediti di inquinamento» che potranno essere scambiati da enti statali e industria.

Come è avvenuto per la sanità, è già assicurata la serrata opposizione del settore energetico (l’industria aveva già tentato di ricorrere in cassazione l’anno scorso).

Obama già impegnato in un braccio di ferro coi repubblicani per la ratifica del trattato con Tehran tenterà di sfruttare a suo favore la mobilitazione elettorale dei democratici, tenendo conto che tanto il leader dell’opposizione, Mitch McConnell, quanto uno dei candidati alla nomination Gop, Rand Paul, rappresentano il Kentucky, uno di maggiori stati carboniferi dell’unione.

Gli argomenti repubblicani verteranno attorno al potenziale danno economico e alla perdita di posti di lavoro provocata dalla «war on coal» come la legge è stata etichettata dagli avversari. Secondo costoro le nuove leggi potrebbero costare perdite di oltre 50 miliardi di dollari al Pil americano.

Anche le stime dell’amministrazione ammettono un costo potenziale, seppur più vicino ai 10 miliardi di dollari, ma l’Epa, l’ente per la tutela ambientale responsabile per le regole, sostiene che ogni costo verrebbe ampiamente bilanciato dallo sviluppo di nuovi settori energetici, dalla maggiore efficenza e dalla riduzione degli effetti nocivi dell’inquinamento sulla salute pubblica.

Obama ha ricordato che il costo dell’inquinamento da carbonio «si misura in morti premature, 100.000 attacchi d’asma e 2.100 infarti ogni anno». «Come presidente e come padre», ha aggiunto, «mi rifiuto di condannare i nostri figli a vivere su un pianeta oltre ogni rimedio».

L’iniziativa di Obama mira chiaramente a rafforzare la sua eredità politica. Molto dipenderà da come saprà impiegare la nuova legge per indurre altre potenze inquinanti a scendere a patti in previsione di un trattato internazionale da finalizzare alla conferenza climatica dell’Onu di Parigi a dicembre.

Prima di allora il clima sarà anche all’ordine del giorno dell’incontro che Obama avrà il mese prossimo, durante la sua visita americana, con papa Francesco, già strategico alleato nella distensione cubana.

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