Una versione di questa intervista a Tariq Ali – collaboratore del manifesto e direttore della New Left Review – sul caso Snowden è apparsa sul magazine Outlook India il 2 luglio scorso. Ne ripubblichiamo una parte perché da allora a oggi poco è cambiato e mantiene intatta la sua attualità e il suo interesse.

Tariq Ali, su Edward Snowden l’opinione pubblica è nettamente divisa. Alcuni lo vedono come un informatore, uno che ha reso un grande servizio al mondo, altri lo vedono come un traditore. Lei come lo vede?

Io lo vedo come un combattente per la libertà. «Non sono né un traditore né un eroe. Sono un americano», ha detto al South China Morning Post. Ce ne fossero di più di persone come lui! Ne servirebbe un intero movimento. Snowden ha avvisato i cittadini statunitensi e britannici che non hanno più alcun tipo di privacy. E così la campagna degli Stati Uniti contro la Cina sulla pirateria informatica è stata capovolta. La pura ipocrisia di Washington è mozzafiato. Quello che mi sorprende di più è la reazione dei tedeschi. In fondo l’accusa principale contro la Stasi nella Germania Est era di aver spiato il suo stesso popolo. Ora i tedeschi sono stati abbandonati nelle mani degli Stati uniti e della loro satrapia britannica.

Che legittimità hanno i governi per spiare i propri cittadini?

Non c’è alcuna giustificazione. Se un cittadino ha infranto la legge dovrebbe essere arrestato e processato in un tribunale secondo il diritto e gli elementi di prova a disposizione. Uno dei risultati dell’11 settembre è stato la morte dell’habeas corpus e il restringimento crescente dei diritti democratici. Ma questa non è una novità. Le agenzie di intelligence in Occidente e altrove spiano da anni. Negli anni ’60 e ’70 la mia posta veniva aperta prima della consegna e il mio telefono era sotto controllo, ma ero stato avvertito dalle persone che lo stavano facendo ed ero consapevole di quello che stava accadendo. L’infiltrazione e la distruzione di gruppi dissidenti negli Stati Uniti (le Black Panther in particolare) è ben documentata. Ciò che è diverso oggi, è che la nascita di Internet, telefoni cellulari, ecc, ha reso tutto molto più facile. Ed è anche diventato più facile da scoprire. Sono coinvolte così tante persone che prima o poi qualcuno, disgustato con quanto si sta facendo, si rompe e lo rende pubblico.

Il terrorismo oggi colpisce la maggior parte dei paesi del mondo. Ma è una giustificazione sufficiente per ascoltare telefonate e registrare email e passaporti da parte dei governi?

Perché accade il «terrorismo»? Senza una causa non c’è alcun effetto. L’India ha una ricca tradizione di terrorismo: la lotta contro gli inglesi lo scatenò nel Bengala e nel Punjab. L’occupazione statunitense del mondo arabo e in Afghanistan, le sue minacce contro l’Iran, l’uso di droni in Pakistan, ecc, suscita rabbia in molte persone. E una piccola minoranza organizza la sua vendetta. È politicamente inefficace ma in un mondo dove non esiste quasi nessuna opposizione dall’alto, lo «spettacolo» creato dagli attentati terroristici affascina un piccolo gruppo di persone. La fuoriuscita dalla guerra afghana ha completamente destabilizzato il Pakistan e i talebani pakistani stanno creando il caos nel paese. Non credo che la maggior parte di questi signori barbuti stia su facebook o twitter confrontandosi a vicenda tra un attentato e l’altro.

Il potere di spiare da sempre appartiene ai governi. Ma dovrebbe essere basato sulla fiducia o sul consenso informato dei cittadini?

I governi hanno il dovere di essere trasparenti. Tutta questa sorveglianza è andata avanti per anni. Come mai i fratelli di Boston non sono stati individuati prima della bomba alla maratona? Ci saranno sempre persone che riusciranno ad agire sotto i radar. E come si fa a smettere? Anche se si incoraggiassero i cittadini di un quartiere a spiarsi l’un l’altro non-stop e a denunciare se vedono qualcosa di sospetto, diventerebbe uno stato di polizia e non funzionerà. L’unica vera soluzione sta nel cambiare ciò che sta accadendo nel mondo. Per tutta la guerra fredda l’accusa principale contro i paesi comunisti era che spiavano i loro cittadini, il che era vero. Ma se era sbagliato allora, perché è giustificabile oggi? Solo perché è fatto da governi eletti? È una doppia morale grottesca (…).

Come vede il quadro generale («the big picture», ndt) sul caso Snowden?

Non credo che ci sia un grande quadro. Ce ne sono molti piccoli. Dubito che la defezione di Snowden porterà a dei cambiamenti reali. La vita andrà avanti come ha fatto dopo che Daniel Ellsberg ha fatto filtrare i Pentagon Papers o Philip Agee ha rotto con la Cia e pubblicato Dentro la Società rivelando l’entità della tortura da parte della Cia in Sud America. Se Snowden venisse estradato negli Stati uniti sarà rinchiuso per sempre come Bradley Manning e come deterrente per gli altri come lui. Ma questo tipo di deterrenza non funziona mai, se così fosse non ci sarebbero omicidi negli Stati Uniti di oggi.

Tre grandi potenze -Stati Uniti, Cina e Russia – sono o sono state coinvolte nella vicenda Snowden. Vede uno scontro diplomatico tra Mosca, Washington e Pechino?

Tutti si comportano allo stesso modo. La Cina e la Russia hanno le loro rimostranze da fare a Washington. Aziende cinesi, università e militari venivano violati dall’intelligence degli Stati Uniti. Snowden è stato accusato di tradimento, ma come può essere così dal momento che non ha aiutato e spalleggiato nessun paese con il quale gli Stati Uniti sono in guerra (…)?

1984, di George Orwell, è molto popolare in Occidente per la sua critica dei regimi comunisti durante la Guerra Fredda. Il “Grande Fratello” ora si è spostato a Washington?

Orwell ha sostenuto che l’idea per 1984 gli è venuta quando lavorava nella Bbc, quando ha visto quanto facilmente possono essere manipolati i mezzi di comunicazione di massa. Non credo che sarebbe sorpreso dalle ultime notizie.

Che cosa significa tutto questo per gli Stati Uniti e la loro democrazia?

Che gli Stati uniti producano ancora persone come Snowden va a loro merito. Che vogliano controllare e limitare la diffusione di informazioni resa possibile dalla Silicon Valley è un’altra cosa. Ogni nuovo sviluppo del capitalismo contiene le proprie contraddizioni.

È sorpreso che tutto questo accada sotto la presidenza democratica di Barack Obama?

Niente affatto. Quando ho scritto il mio libro su Obama (Sindrome Obama, ndt) molti amici liberal negli Stati Uniti si sono un po’ arrabbiati. Ero andato troppo lontano, troppo presto. La storia ha fatto giustizia della mia analisi. La caratteristica che colpisce di più la sua presidenza è la continuità con il vituperato regime di Bush. Ma per le libertà civili e l’uso di droni Obama è stato peggio di Bush, il documentario di Jeremy Scahill su questo tema è devastante. Concedere al presidente il potere di uccidere cittadini statunitensi senza nessun processo santifica il terrorismo di stato. La sua vittoria principale è stata isolare il dissenso liberal. Se un presidente repubblicano avesse fatto la metà di quello che ha fatto Obama, le grida di protesta negli Stati Uniti avrebbero riecheggiato in tutta Europa e altrove. Ma le rivelazioni di Snowden sono venute fuori in un momento in cui non c’è più un’opposizione liberal negli Stati Uniti. Ellsberg e Agee sono stati più fortunati, quando hanno vuotato il sacco c’era un enorme movimento contro la guerra americana in Vietnam (…).

Il governo britannico sembra un partner disponibile nel programma di spionaggio degli Stati Uniti. Come giudica il ruolo di Londra?

Nessuno si sorprende più. La Gran Bretagna è uno stato vassallo fin dagli anni ’80. In tempi di austerity il Ministero degli Esteri e della Difesa potrebbero scomparire per risparmiare almeno un po’. Ai diplomatici basterebbe una stanzetta nelle ambasciate Usa e le forze armate dovrebbero passare direttamente sotto il controllo del Pentagono. Se fossero onesti, basterebbe un Ministero per la vendita di armi ai sauditi o agli stati del golfo ma anche in questo campo una qualche forma di fusione con gli Stati uniti potrebbe essere utile…

Il presidente Obama ha detto di voler aprire un dibattito sull’equilibrio tra diritto alla privacy e diritto alla sicurezza. Che ne pensa?

Passami un sacchetto per vomitare.

(traduzione dall’inglese di Matteo Bartocci)