Il presidente Obama si riunirà con Raúl Castro a Panama durante il VII Vertice delle Americhe che inizierà il 10 aprile. L’annuncio è stato dato da Roberta Jacobson, la vice segretaria di Stato incaricata di presiedere i negoziati con Cuba per giungere a un pieno ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra l’isola e gli Usa. Probabilmente non si tratterà di un vera e propria riunione bilaterale, ma di un incontro informale per cercare di dare un impulso alle trattative in corso da un paio di mesi e che attualmente si trovano nelle secche della questione dei diritti umani. Per il momento, infatti, l’unica riunione ufficiale prevista per Obama è con il presidente di Panama, Juan Carlos Varela. Il quale ha già fatto sapere che darà il suo contributo perché i due capi di Stato si riuniscano dopo un confronto durato più di cinquant’anni.
Il Vertice delle Americhe, vedrà riuniti i capi di stato di 35 paesi delle due Americhe, e, per la prima volta, vi parteciperà un presidente cubano. Ma più che il summit della «fine della guerra fredda tra Usa e America latina», la mega riunione di Panama rischia di essere l’inizio di un nuovo contrasto: il decreto con cui Obama ha dichiarato che il Venezuela rappresenta un pericolo, interno ed esterno, per gli Usa è, infatti, una nuova fonte di divisione tra i due subcontinenti. Gran parte dei paesi dell’America latina – Sud e Caraibi – hanno fortemente criticato la misura di Washington, accusata di nuova «ingerenza» negli affari interni di un paese latinoamericano. La stessa Jacobson si è detta «delusa» per il rifiuto delle sanzioni Usa contro il Venezuela espresso dai leader latinoamericani.

Per Obama, non sarà una passeggiata. E Raúl Castro non potrà non sollevare il problema in caso di incontro ufficiale con il presidente nordamericano. E dunque difficile che «durante il vertice venga annunciata una data per la riapertura delle ambasciate», americana all’Avana e cubana a Washington, afferma Cynthia Arnson, direttrice del programa America latina del Centro Woodrow Wilson.

«Vi sarà una stretta di mano calorosa e un incontro informale», ritiene. I due presidenti si erano stretti la mano due anni fa durante i funerali di Nelson Mandela, poi avevano avuto un colloquio telefonico prima dell’annuncio ufficiale, il 17 dicembre, della fine della guerar diplomatica. Stretta di mano, sorrisi, e incontro, seppur informale, però dovrebbero servire a Obama per dimostrare che si volta pagina e che «è finito l’isolamento degli Usa in America latina». Una mossa che dovrebbe poi essere utile per contrastare il fuoco di sbarramento che i parlamentari repubblicani, e una parte di democratici, stanno attuando contro la decisione di normalizzare le relazioni con Cuba.

L’Amministrazione Obama vorrebbe accelerare i tempi – anche sotto pressione di lobby economiche nordamericane – turismo, agricoltura, comunicazioni in primis. Mentre «Cuba rallenta», afferma Harold Trinkunas, direttore della Iniziativa per l’ America Latina dell’ Istituto Brookings. In effetti, il più giovane dei Castro si trova in una situazione difficile. Da una parte, la gravissima crisi economica e l’assoluta necessità di investimenti esteri spingono per arrivare in tempi brevi a una normalizzazione con Washington. Dall’altra, le misure – nettamente aggressive – adottate da Obama contro il Venezuela, alleato strategico di Cuba, sono state nettamente condannate da Fidel Castro – che conserva una parola decisiva in fatto di politica estera – e dunque accentuano l’opposizione di una parte del vertice comunista cubano a «cedere» nei confronti degli Usa su temi «centrali» del socialismo cubano. L’ultima riunione bilaterale delle delegazioni cubana e statunitense, di natura tecnica, è stata dedicata infatti a delimitare i temi – diritti umani e democrazia- che saranno affrontati nella prossimo incontro dei capi delegazione. Da parte cubana, si è insistito sul fatto «che vi sono dissensi» tra le due parti sulla natura «della democrazia e del rispetto dei diritti umani». L’analista Trinkunas ritiene però che Obama abbia una carta da giocare, eliminare Cuba dalla lista dei Paesi che sostengono il terrorismo. Misura che il presidente può decidere autonomamente e che, secondo fonti ufficiose del Dipartimento di Stato, potrebbe essere annunciata nei prossimi giorni.