Tira una pessima aria sull’incontro di domani a Minsk. La cancelliera tedesca Angela Merkel, attivissima dal punto di vista diplomatico, è arrivata fino agli Stati uniti per trovare una soluzione condivisa. Nel suo tour de force «ucraino», ha incontrato a Kiev il presidente Poroshenko, sottoponendogli un piano di pace sul quale si pensava di avere anche l’assenso di Putin.

Fino a quel momento, la mossa Merkel-Hollande sembrava aver ridato speranza a chi credeva a una soluzione diplomatica. Poi a Mosca, il primo intoppo. Un incontro – con Putin e Hollande – che non è terminato con un accordo, bensì con un rimpallo alla domenica, per una conference call, presente anche Poroshenko. Il rituale aveva finito per chiarire alcuni equilibri (ad esempio il peso di Germania e Francia, a scapito di quello europeo nel suo complesso), ma la telefonata che doveva essere risolutrice, si è rivelata quasi inutile. È stato tutto rimandato a domani, a Minsk.

Nel frattempo Merkel è salita su un altro, l’ennesimo, aereo ed è volata a Washington. Sappiamo bene cosa c’è in ballo: un compromesso tra Kiev e Mosca, sui confini, sulle conquiste territoriali, su eventuali forze di pace e sull’autonomia o meno delle regioni orientali. Su questo accordo, ancora molto lontano a quanto pare, pesa la posizione piuttosto ondivaga degli Stati uniti, che da giorni minacciano l’invio di armi a Kiev.

È chiaro che se non si arriva ad un compromesso, l’unica risposta definitiva la daranno i campi di battaglia e un aiuto diretto degli Usa all’Ucraina di Poroshenko, finirebbe per aumentare ancora di più il rischio di un intervento diretto russo. Secondo Kiev, soldati russi sono da tempo nel territorio ucraino a combattere. Mosca nega. La realtà è che volontari sono ovunque. Sia russi – non pochi – con i ribelli del Donbass, sia stranieri con Kiev; la confusione è altissima e – soprattutto – i civili continuano a morire.

Ieri al termine dell’incontro con Merkel, Obama ha specificato che gli Stati uniti «non hanno ancora preso una decisione» sull’invio di armi all’esercito ucraino per contrastare i separatisti filorussi, ma ha altresì specificato che in caso di fallimento della diplomazia, l’invio di armi potrebbe essere l’unica soluzione. «È vero» ha spiegato il presidente «che ho chiesto al mio team di valutare tutte le opzioni se la diplomazia dovesse fallire. E la possibilità di fornire armi letali difensive è una delle opzioni che viene esaminata e valutata. Ma nessuna decisione è stata ancora presa. Mi sono consultato con la cancelliera Merkel – ha concluso – e lo farò con gli altri alleati».

Ha poi accusato la Russia e Putin di non aver mantenuto gli impegni, nella fattispecie gli accordi di Minsk dello scorso settembre (violati tanto dai ribelli, quanto da Kiev). Washington si impegna a «lavorare per una soluzione diplomatica» della crisi in Ucraina, «ma se la Russia continua nel suo corso, ha specificato il presidente Usa, il suo isolamento economico e politico si aggraverà». A Obama ha risposto la conferenza stampa della cancelliera tedesca; Merkel, anche se con meno ottimismo dei giorni scorsi, ha ribadito che l’unica soluzione è la via diplomatica. «Non vedo una soluzione militare a questo conflitto». La Germania cerca una soluzione per ovvie ragioni.

Alcuni giorni fa sul New York Times, un diplomatico tedesco ha raccontato un episodio raccolto ad un incontro della Nato. Un canadese gli avrebbe chiesto se i tedeschi vedono nella Russia, un amico, un nemico o uno Stato con cui cooperare solo economicamente.

Il diplomatico tedesco ha risposto al canadese, specificando che la Russia, prima di ogni altra cosa, è un «vicino di casa», a sottolineare due cose: in primo luogo la Germania considera la Russia un paese europeo; in secondo luogo Berlino ha in grande conto la necessità di garantire nel cuore dell’Europa, una situazione di moderata tensione, al massimo. Non certo una guerra ai propri confini, che in caso di impegno diretto Usa, sarebbe un rischio immenso.

Ieri sulla vicenda si è espresso anche il ministro degli esteri italiano, Paolo Gentiloni: «L’Italia è contraria, in ogni caso, a fornire armi all’Ucraina; ci auguriamo che i negoziati possano proseguire».