Sembravano definitivamente intrappolati nelle fiction televisive, da dove il loro fascino di villain raggiungeva tutt’al più cani sciolti e qualche testa calda, ma nulla lasciava presagire che sarebbero tornati padroni del campo. E ‘sta volta non solo in campagna e in periferia, ma nel ventre stesso del capoluogo, dove a barricarsi in casa non sono solo le donne ma -da come in strada si sparacchia a cazzo di cane- pure uomini, vecchi e bambini. Ma come diavolo è successo che dopo quasi vent’anni di basso profilo, queste canaglie sian tornate a farla da padrona? com’è stato possibile che nonostante tutti quei boots on the ground, questi primitivi bocciati dalla storia e rimandati in geografia, abbiano ripiombato la città nel medioevo? Tant’è.

E appena si sono ripresi il territorio si sono subito messi a litigare… il clan di ras Abdul Ghani Baradar contro quello del boss Khalil ur-Rahman Haqquani?… macchè! la cosca dei Contini e quella dei Ricciardi, quella dei Rinaldi e quella dei Mazzarella, che stanno a Napoli come i talebani a Kabul. Con una bella differenza: i clan afgani magari vengono alle mani tra di loro, ma ben si guardano dal compiere stragi nella capitale per non finire in prima pagina, al massimo un’ammazzatina di filo-occidentali in campagna, una frustatina di giornalisti in un vicariello scuro, una torturella di donne con i jeans in qualche scarrupata caserma di provincia; i nuovi talebani della camorra invece scatenano ora inferni di piombo per il controllo della spaccio in pieno centro storico. Sotto gli occhi di tutti.

Come accaduto solo pochi giorni fa nella centralissima piazza Mercato a due passi dall’ufficio del Sindaco con la bandana, dove, domenica a ora di pranzo, una task-force di camorristi armati fino ai denti ha crivellato di colpi un boss della vecchia guardia in mezzo ai tavolini di un bar pieno di gente, bambini inclusi. Ma non per questo la notizia ha superato le pagine interne delle cronache locali, di carta o di bit che siano. Fosse successo a piazza Argentina a Roma o a piazza del Duomo a Milano, minimo minimo superMario ci mandava il generale Figliuolo con tutti gli alpini. Invece, mentre Salvini piccona a reti unificate Lamorgese per i rave party con lo spinello o per un somalo svitato col coltello, i narcos di periferia ormai troppo impegnati con le fiction televisive, hanno passato la palla e le pallottole a quelli di Napoli-Napoli che adesso si contendono le piazze di spaccio, finalmente tornate a fiorire in città.
La democrazia non si esporta, la narcocrazia sì.