Che la Grande Serialità televisiva abbia conquistato riconoscimenti e consensi pressoché unanimi è oramai un dato di fatto. Che la qualità di alcune nuove serie sia talmente pregiata da contendere il primato artistico a cinema e letteratura è addirittura un luogo comune. Le serie coinvolgono, colpiscono, avvinghiano anche grazie alle notevoli abilità degli sceneggiatori che in alcuni casi particolarmente felici paiono istituire un nuovo canone narrativo, inedito bricolage di intrecci epici, ricostruzioni filologicamente accurate, psicologie convincenti, dialoghi sofisticati e procedimenti audaci.

ritici e massmediologi convengono che siamo entrati nella terza Golden Age della televisione (dopo l’era postbellica degli show in diretta e l’impennata delle sitcom, di Dallas e derivati, e della tv «di qualità» negli anni settanta-ottanta): l’età dello storytelling digitale, della crossmedialità, della flexi-narrative, della mescolanza dei generi e del binge-watching.

Ma in quali contesti evolvono le serie di ultima generazione? Partendo dall’assunto per cui «ciò che caratterizza le forme seriali è il rapporto tra l’industria che le produce e i lettori/ascoltatori/spettatori che le consumano», Gianluigi Rossini in Le serie TV (Il Mulino, pp. 224, euro 14,00) ricostruisce, fase per fase, la fitta trama di istituzioni, assetti economici, strategie di mercato, innovazioni tecnologiche, trovate artistiche e risposte del pubblico di cui è fatto l’ecosistema mediale.

Strettamente legata alle nuove forme di distribuzione via cavo o in streaming, ma anche alle strategie di brand marketing sperimentate da piattaforme come HBO, Netflix e altre che dal 1995 hanno inondato il mercato con vecchie e nuove fiction, l’esplosione seriale induce a «ridefinire il concetto di “televisione”, intesa non come una tecnologia ma come un insieme di pratiche sociali». Ogni aspetto – tecnologia, scrittura, produzione, distribuzione, marketing e fruizione – agisce a ritroso sugli altri, e forse l’unica rotella dell’ingranaggio a rimanere esclusa dalla ricostruzione di Rossini è proprio la critica televisiva, il cui ruolo andrà rinegoziato ora che lo spettro dello spoiler aleggia su ogni recensione.

Dimostrazione esemplare di quanto i processi creativi siano condizionati dalle strutture che li sostanziano, il libro descrive la parabola ascendente di una forma televisiva in continua metamorfosi – la serie serializzata, improntata alla formula problema/soluzione – il cui trionfo è testimoniato dal fatto che da più parti se ne dichiara già la fine.