In discussione non c’è il se ma il come. Non si parla qui delle riaperture, quelle che ancora ieri Matteo Salvini ha reclamato subito, già in questa settimana, ma del cambio dell’indicatore sul quale sin qui si sono basate le decisioni: l’indice di contagiosità Rt. Se ci si continua ad affidare a quell’indice l’estate, con tutto quel che implica in materia di economia ma anche di tenuta psicologica, rischia di saltare. L’indice attualmente è alto, rischia di salire ancora sino al fatidico 1%. Ma persino i rigoristi per eccellenza del ministero della Salute ammettono che quel criterio ormai è obsoleto, soprattutto a fronte di una vaccinazione di massa che ormai è decollata. Bisogna tener conto di altri segnali: l’incidenza prima di tutto, quella che stabilisce quanti sono i contagiati ogni tot abitanti, ma anche la percentuale di posti occupati nelle terapie intensive e nei reparti Covid ordinari e naturalmente il tasso e la velocità di vaccinazione.

COME TENERE INSIEME questi vari elementi ancora non è chiaro, ma verrà definito in settimana, a partire da oggi, e di certo quell’indice Rt che decide la vita degli italiani da oltre un anno perderà la sua centralità. Oggi si riunirà la cabina di regia politica, ma si concentrerà sul decreto Sostegni bis che avrebbe dovuto vedere la luce giovedì scorso e invece è slittato a questa settimana. Le proposte sul nuovo indicatore e anche sulla tabella di marcia delle prossime riaperture le discuteranno in compenso le commissioni salute delle Regioni, nel vertice di oggi, per poi affrontare il tema con i ministri Roberto Speranza e Mariastella Gelmini domani. L’ultima parola dovrebbe spettare alla cabina di regia, convocata per venerdì. Lì si deciderà sull’indicatore ma anche sulle riaperture.

COME AL SOLITO LA LINEA del fronte passa per lo spostamento del coprifuoco, che ormai è certo a partire dal 17 maggio. La Salute, come sempre cauta, ha in mente un’ipotesi di mediazione tra chi vorrebbe spostare la linea cronologica di due ore, fino a mezzanotte, e chi di una sola. L’idea del ministero di Speranza è partire con una sola ora nella prima settimana, fino alle 23 e poi, il 21 maggio, arrivare sino alle 24. Non è detto che le Regioni, più incalzanti della Lega, si accontentino. Come non è detto che si arrivi all’accordo sull’altro fronte della discordia, l’accesso alle sale al chiuso dei ristoranti. Le Regioni vorrebbero riaprirle subito, contestualmente allo spostamento del coprifuoco.

IL GOVERNO, E IN QUESTO caso s’intende palazzo Chigi, non è convinto per motivi di ordine soprattutto psicologico. La gradualità che costituisce la scelta di fondo di Mario Draghi risponde a diverse esigenze. Quella di monitorare la situazione passo dopo passo, certo, e anche quella di verificare quali riaperture comportano maggior rischio.

Ma altrettanto occhiuta è l’attenzione per i possibili effetti del segnale sulla popolazione. Una riapertura tutta insieme verrebbe interpretata come segno che la crisi sanitaria è finita e il pericolo alle spalle, o almeno questo temono sia il premier Draghi che il ministro della Salute Speranza. Dunque i locali al chiuso dovranno aspettare probabilmente sino ai primi di giugno. Da quel momento però, contrariamente alle previsioni, apriranno, salvo ripensamenti, sia a pranzo che a cena.

UN CAPITOLO A PARTE riguarda un settore solo in apparenza secondario, quello delle nozze con tanto di festività e ricevimenti, il wedding. I fiori d’arancio dovrebbero sbocciare il 15 giugno. E i centri commerciali, che protestano oggi con una chiusura simbolica di 15 minuti per chiedere di aprire anche nei week-end? Non c’è ancora nulla di deciso, ma la data cerchiata in rosso è quella di sabato 22 maggio. Se tutto va bene.