L’emergenza sanitaria ha portato alla ribalta gli elenchi Ateco, sono le liste di quei codici numerici che, nella classificazione adottata dall’Istat, identificano le attività economiche; i famigerati allegati al Dpcm 11 marzo e a quello del 25 marzo ne hanno fatto il lasciapassare per le imprese che vogliono restare aperte. Come alle scale di Hogwarts anche a questi codici piace cambiare e come in Harry Potter ad ammonire e vigilare su queste mutazioni sono i prefetti.

CAMBIARE Ateco per le imprese vuol dire convertire la produzione da una sospesa ad altra consentita e questo ha portato, nelle ultime settimane, a una consultazione frenetica di queste liste di eccezioni incrociate col testo dei decreti: tabacchi si, caffetteria no, studio legale si, produzione di corde e funi no, ferramenta e vigilanza si, abbigliamento al dettaglio no, call center sì ma non quello ricreativo e via scorrendo. E poi ci sono le attività che non farebbero eccezione ma che, in quanto funzionali ad altre espressamente consentite, gli imprenditori possono segnalare alle prefetture perché siano considerate ammesse. Esiste anche il caso di chi si riconverte: coppe di reggiseno diventano presidi di protezione personale cucite da ex tomaifici. Le conosciamo tutti bene, ormai, le mascherine, tristemente famose perché sempre carenti, da indossare in Lombardia anche andando per strada, con buona pace di Borrelli; necessità si fa virtù e in tanti si mettono a produrle, spesso è un modo per resistere, rendersi utili, ma bisogna fare i conti con certificazioni, conformità igienico sanitarie. E giù a consultare liste di norme e precetti.

La lista è la cifra di questo tempo lockdown dove enumerare è sopravvivere e organizzare. Si compila la lista delle spesa prima di andare al supermercato, così si perde meno tempo, le cose necessarie prima e le voluttuarie poi. Sprovvisti di Ateco magico, parrucchieri ed estetisti sono chiusi e quindi il web, dispenser di qualsiasi cosa, ci fornisce la lista di quel che occorre per fare da sé il colore ai capelli, la ceretta, la manicure. La tanto in voga arte culinaria, che trova massima espressione in una stagione di cattività e bisogno di conforto, vive di liste di ingredienti e gesti rituali (mantecare, sfumare, sobbollire, temperare, laddove ci si volesse cimentare con la cioccolata dell’uovo di Pasqua) scambiati su tutti i social; elenchi di compiti, bibliografie d’esame e intrattenimenti per i più piccoli viaggiano sui piattaforme scolastiche come classroom; gli orfani di server aziendali e non seguaci di G e Google drive, chiedono liste di indirizzi per l’invio irrimandabile di comunicati stampa. Le compilation, in tempi andati amorevolmente ammannite in musicassette, oggi sono le playlist, salvifiche colonne sonore di esistenze circoscritte nei perimetri domestici.

PERSONAL trainer mandano elenchi puntanti di cicli di esercizi, e poi c’è l’open source che oggi si fa accorata condivisione di liste di link e titoli, fonti aperte e accessibili di letture, gallerie d’arte, audiovisivi: le armi magiche che non possono allungare vite o accorciare attese ma hanno il potere di dilatarle, possono rendere il nostro tempo più profondo e ricco, ora che, volenti o credenti, abbiamo riempito il fossato del digital divide
Nella stagione tassonomica elencare è prendere la misura, spacchettare il problema e il tempo, illudersi di governarlo, a volte persino riuscirci. Contare per calmare (conta fino a tre o fino a dieci) per esorcizzare: la corona (!) del rosario mariano, ma anche quella dei mala buddista, sono (stati) strumenti di preghiera ma anche di misurazione e contabilità (come pure le mappe, mezzi per organizzare il pensiero meditare, memorizzare e persino persuadere, così Giorgio Mangani in Cartografia Morale ed. Franco Cosimo Panini e Amerigo Vespucci e la meditazione cartografica su yumpu.com).
È anche il momento del ricorso alla data, big e non, analysis, dell’animosità statistica, delle raffica di infografiche; occhi puntati su curve e in attesa di picchi, cuori e cervelli sulle montagne russe, specie all’ora di cena, quando nei nostri focolai domestici si assiste ad altro rito di enumerazione: i bollettini dei sommersi e dei salvati. Quanti se ne sono andati, quanti guariti e tornati, una litania di medie geografiche, anagrafiche e anamnestiche.

RACCONTARE per conti e per punti. A ben vedere Contare e raccontare (contrapposti nel saggio in tandem di Tullio De Mauro e Carlo Berardini e dito da Laterza) sono anche imparentanti etimologicamente, e il racconto è un riportare ragionato, il conto da cui computo ha a che fare con la contezza, la conoscenza minuta di qualcosa.
Il salmodiante rendicontare della quarantena prova la cantabilità della contabilità che Umberto Eco ha indagato nel saggio edito da Bompiani La vertigine della lista, antologia di liste letterarie (ragionate o caotiche) e riflessione sulla capacità umana di cogliere in modo discontinuo, cioè puntiforme, lo spazio e il tempo, a partire dal Catalogo delle Navi di Omero; la dibattuta e poderosa ricognizione, del secondo libro dell’Iliade, dei contingenti achei giunti a Troia, concludibile idealmente, osserva il semiologo, con un etcetera. La disamina di Eco tocca Esiodo (che nelle Opere e i Giorni di fatto somministra elenchi di consigli molto pratici sulle attività anche agricole da farsi in ciascuna stagione: oggi sarebbe senz’altro uno youtuber forte coi tutorial), il libro del profeta Ezechiele , fino a Joyce e Gadda con una gustosa escursione nelle arti figurative. Il gioco del vorticare enigmatico di oggetti stipati nelle tavole dei pittori potrebbe andare avanti per giorni, da Bosch a Jacovitti.

E a chi è affidato oggi il cunto de li conti? Chi è il moderno aedo, cantore delle nostre allarmanti sere(nate) , dispensatore di elenchi di proibizioni e numeri? Uno che si chiama Conte. Lo si ascolta devoti nel transfert , e un po’ ce la si canta, e suona, affezionati e ormai assuefatti, dai terrazzi e dai balconi, in attesa di tempi migliori.